Libri per la pace. La vita di Anna Politkovskaja. Martedì 30 set alla Casa del Jazz

Il libro di Sara Giudice e della figlia della giornalista russa che aveva denunciato il genocidio in Cecenia prima di essere uccisa a Mosca il 7 ottobre 2006 

OSSIGENO 25 settembre 2025 – Il ciclo di incontri settimanali “Libri per la pace”, organizzato da Ossigeno per l’Informazione alla Casa del Jazz di Roma (viale di Porta Ardeatina 55, zona Piramide, ingresso libero) nel quadro del Progetto Sementi realizzato con il sostegno dell’Assemblea Capitolina, prosegue martedì 30 settembre 2025 alle 18, con il libro “Una madre. La vita e la passione per la verità di Anna Politkovskaja”, Rizzoli Editore, scritto da Sara Giudice con Vera Politkovskaja, figlia della giornalista russa uccisa a Mosca il 7 ottobre 2006. Il giornalista Alberto Negri ne discuterà con l’Autrice.

Nel 19.mo anniversario della morte, il libro ricostruisce la storia della giornalista russa, divenuta icona del giornalismo di inchiesta e della libertà di espressione, per il suo coraggioso impegno per documentare la deriva autoritaria del governo Putin e le orribili violazioni dei diritti umani in Cecenia, in cui lei vedeva un vero e proprio genocidio.

Anna Politovskaja fu uccisa a colpi di pistola 19 anni fa, a Mosca, all’entrata della sua abitazione. Nelle guerre di Putin in Cecenia aveva visto lo stesso orrore che ai nostri giorni sono denunciati per la guerra di Israele contro Hamas a Gaza.

Sulla Cecenia aveva scritto: “Chi ha deciso quali sono i parametri numerici di un genocidio? Quante persone devono morire perché si possa definire un genocidio? Per i miei parametri di riferimento questo è un genocidio. Perché io so che gli stessi militari ne parlano in questi termini”. Lei sul suo giornale “Novaja Gazeta” e nei suoi libri aveva scritto testimonianze della repressione degli indipendentisti a Groznj. Aveva descritto la svolta sempre più autoritaria del regime di Putin e aveva previsto che per metterla a tacere il regime l’avrebbero uccisa, come in effetti avvenne quel 7 ottobre 2006, a opera di una squadra di sicari ceceni che agirono senza neppure nascondersi troppo, al punto che i suoi componenti furono identificati e condannati dalla indolente giustizia russa. Una giustizia che però non ha mai fatto luce sui mandanti, mentre tutte le voci indicavano Vladimir Putin e il presidente ceceno Ramzan Kadirov, che la odiava. ASP

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