Dossier Stato di diritto. Le inadempienze dell’Italia sulla libertà di espressione e i diritti umani

Questo dossier è stato compilato da Ossigeno nell’ambito del Progetto Sementi 2024 “Informare per conoscere, conoscere per informare”, sostenuto dall’Assemblea Capitolina 

ITALIA. LA LIBERTA’ DI STAMPA, LO STATO DI DIRITTO E LO STATO DELLE COSE

OSSIGENO 23 settembre 2024 – In Italia i giornalisti e i giornali che subiscono intimidazioni e minacce a causa del loro lavoro sono moltissimi. Le autorità non fanno il loro dovere per impedire che ciò avvenga e per punire i responsabili. Queste affermazioni a qualcuno possono sembrare sorprendenti, ma non dovrebbero cogliere di sorpresa nessuno. 

Questa drammatica situazione e la mancanza di adeguati provvedimenti non sono una novità. Le cose vanno così da molti anni. In Italia se ne parla poco, ma Ossigeno ha mostrato la situazione documentando oltre settemila episodi e misurando un tasso di impunità superiore al 90 per cento. Anche le più autorevoli organizzazioni internazionali hanno segnalato il problema italiano, da tempo. 

Non si spiega perciò perché, a luglio 2024, queste affermazioni abbiano suscitato risentite reazioni del governo italiano contro la Commissione Europea che le aveva appena inserite in un documento ufficiale. Né si spiegano il grande silenzio mediatico e la grande disattenzione del mondo politico sulla gravità degli attacchi contro i giornalisti che pubblicano notizie sgradite al potere. 

Il silenzio e la disattenzione hanno riguardato anche l’incisivo richiamo che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato il 24 luglio 2024, pochi giorni dopo l’aggressione al giornalista Andrea Joly da parte di militanti di un movimento di estrema destra avvenuta a Torino. Di fronte all’aumento di queste aggressioni e ai tentativi di minimizzarli, il presidente Mattarella ha detto: “Ogni atto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo”. Anche questo autorevole richiamo ha avuto scarsa risonanza sui giornali e non ha suscitato commenti né ha aperto una discussione nel merito della questione.

LA RELAZIONE SULLO STATO DI DIRITTO

A proposito della relazione sullo Stato di diritto e la libertà di informazione in Italia, è utile spiegare cosa ha detto la Commissione Europea in quel documento e che cosa ha risposto il governo Meloni. 

Procediamo con ordine.

Il documento europeo è il Rapporto 2024 sullo Stato di diritto che ha “raccomandato” alle autorità italiane di fare di meglio e di più, perché questi ingiustificabili attacchi ai giornalisti e la mancanza di adeguati interventi per creare una ambiente più sicuro per il loro lavoro, violano gli impegni che l’Italia ha contratto aderendo all’Unione Europea e ai trattati che l’Unione riconosce. 

Bisogna ammettere che il Rapporto denuncia adesso un problema che esiste da decenni. Questo si spiega con il fatto che fino a poco tempo fa l’Unione non aveva mai contestato apertamente queste inadempienze agli Stati membri. Ha cominciato a farlo formalmente cinque anni fa istituendo i Rapporti annuali sullo “Stato di diritto”, nati per accertare e contestare in particolare le violazioni palesi e sfrontate di alcuni paesi membri che, oltre a violare diritti e patti fondamentali, ignorano la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti umani. 

Questi Rapporti, ormai da cinque anni, forniscono la mappa delle inadempienze di ciascuno dei 27 paesi, documentandole grazie anche alle informazioni fornite dalle organizzazioni non governative. Anno dopo anno, la scena dei singoli paesi viene illuminata meglio. La novità principale di quest’anno è che a ogni paese vengono fornite “raccomandazioni” su ciò che dovrebbe fare per mettersi in regola. I Rapporti degli anni scorsi aveva documentato in particolare le inadempienze della Polonia e dell’Ungheria. Quello del 2024 ha messo a fuoco molto meglio la situazione italiana. E ciò ha portato in primo piano finalmente anche i vuoti e le lacune legislative.

Fra le violazioni dello Stato di diritto e le inadempienze italiane, che il Rapporto certifica e raccomanda di superare, c’è il sistema di nomina degli amministratori della RAI che è sostanzialmente controllato dal governo e dalla maggioranza; secondo le norme dello Stato di diritto il sistema di informazione radiotelevisiva pubblico deve essere autonomo rispetto al governo. Un’altra violazione consiste nella mancata istituzione di una commissione nazionale di difesa dei diritti umani indipendente dal governo. 

All’Italia come a ogni paese membro, il Rapporto chiede di colmare le lacune rilevate che si configurano come inadempienze dell’obbligo di attuare i principi dello “Stato di diritto”. Questi principi si attuano con norme fondamentali necessarie per rendere la democrazia giusta e il potere regolato dalle leggi e per consentire ai cittadini di partecipare consapevolmente alla vita pubblica. I principi dello Stato di diritto sono richiamati dai trattati di adesione all’UE e sono stati propugnati dalle Nazioni Unite, che nel 1966 li ha richiamati con due Convenzioni. 

LE RACCOMANDAZIONI DELLA COMMISSIONE ALL’ITALIA

Secondo il Rapporto 2024 della Commissione Europea, l’Italia per essere in regola dovrebbe introdurre: 

  1. norme adeguate a tutelare la libertà di stampa, la sicurezza dei giornalisti e il loro diritto a mantenere il segreto sulle fonti fiduciarie delle notizie 
  2. leggi adeguate a impedire che le accuse di diffamazione a mezzo stampa siano facilmente utilizzabili per censurare le notizie sgradite e mettere in difficoltà i giornalisti che le pubblicano
  3. norme adeguate a garantire il pieno accesso alle informazioni giudiziarie 
  4. una giusta regolamentazione del conflitto di interessi e dell’attività di lobbying
  5. un’istituzione nazionale per i diritti umani indipendente dal governo, come richiesto dai principi di Parigi delle Nazioni Unite 
  6. norme per incanalare in modo trasparente le donazioni destinate a fondazioni e associazioni politiche e per introdurre un registro elettronico unico sul finanziamento dei partiti e delle campagne elettorali
  7. disposizioni e meccanismi per assicurare un finanziamento dei media del servizio pubblico radiotelevisivo (RAI) adeguato all’adempimento della loro missione di servizio pubblico e sufficiente a garantirne l’indipendenza. 

Il Rapporto dice che manca tutto ciò e che le istituzioni parlamentari e di governo italiane non fanno abbastanza per colmare queste lacune.

È importante che un documento ufficiale della Commissione Europea elenchi autorevolmente queste inadempienze e che, evidenziando la mancanza di volontà politica necessaria per superarle, contribuisca a interrompere l’immobilismo delle istituzioni nazionali, che dura da molti anni. Il documento inoltre concorre a rompere il vero e proprio silenzio mediatico che avvolge la questione e aiuta a tenere questi problemi fuori dall’agenda politica. Nel frattempo, ogni anno a danno dei cittadini continuano a essere commesse impunemente in Italia moltissime violazioni delle norme dello Stato di diritto. 

UNA SITUAZIONE NOTA DA TEMPO

Le inadempienze italiane evidenziate dal Rapporto UE non sono nuove. Sono ben note agli addetti ai lavori, agli esperti del settore, alle massime istituzioni multilaterali (prime fra tutte l’ONU e l’OSCE e il Consiglio d’Europa) e a numerose organizzazioni governative e non governative, che le hanno elencate e segnalate da tempo e conoscono la natura e l’ampia estensione del fenomeno delle minacce ai giornalisti

Ossigeno per l’informazione, che è una delle fonti non governative consultate dagli estensori del Rapporto UE, ha svolto in Italia un lavoro senza uguali proprio per conoscere e descrivere la natura, le cause e le dimensioni del fenomeno dei giornalisti minacciati e sotto scorta. Fra l’altro l’Italia risulta il paese europeo con più giornalisti minacciati e sotto tutela. L’Osservatorio di Ossigeno sulle minacce e le intimidazioni ai giornalisti e sulle notizie oscurate con violenze e abusi, dal 2006 a giugno 2024 ha documentato pubblicamente 7200 incidenti di questo tipo. Il ricorso a minacce, intimidazioni e azioni legali pretestuose (SLAPP) costituisce una grave violazione del diritto di informare e di ricevere informazioni, un diritto che connota ogni Stato di diritto. Quanto alle azioni legali pretestuose, in Italia se ne fa larghissimo uso. Secondo dati ufficiali del governo forniti nel 2016 a Ossigeno, in Italia ogni anno vengono promosse seimila querele e cause per diffamazione contro i giornalisti. Il 90 per cento di esse vengono giudicate infondate, pretestuose, temerarie, SLAPP. Dimostrano un abuso molto diffuso e non sanzionato della facoltà che hanno i cittadini di rivolgersi al sistema giudiziario per denunciare una presunta lesione indebita della propria reputazione. 

LA DOCUMENTAZIONE DI OSSIGENO

Ossigeno per l’Informazione ha più volte rappresentato al governo, al parlamento, all’AGCOM e alla Commissione parlamentare antimafia la drammatica situazione dei giornalisti italiani che subiscono violenze e azioni legali pretestuose per impedire che accertino e diffondano notizie sgradite a persone potenti. La Commissione parlamentare antimafia ha approfondito la situazione descritta da Ossigeno nel 2012 e nel 2014 con due inchieste ad hoc, concluse accertando i fatti e chiedendo al governo di affrontare il problema con urgenza. 

Anche le massime istituzioni multilaterali, fra le quali la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, l’OSCE, l’UNESCO e il Consiglio d’Europa, hanno rivolto specifiche raccomandazioni al governo italiano. Di fronte a esse, i governi che si sono succeduti hanno dovuto ammettere, più o meno apertamente, che questi problemi e queste inadempienze esistono e hanno assicurato che avrebbero operato attivamente per risolverli, anche se poi non l’hanno fatto. 

Dunque, non è stato un fulmine a ciel sereno l’illuminante Rapporto dell’Unione Europea. Anche perché nei mesi precedenti i solerti funzionari della Commissione Europea avevano consultato varie fonti governative e istituzioni pubbliche.

LE SLAPP IN ITALIA

La terminologia SLAPP (Strategic Lawsuites Against Public Partecipation) è diventata di uso comune in Europa da pochi anni, assorbendo tipologie di intimidazione che in Italia sono chiamate in altro modo e non hanno ancora una chiara corrispondenza nella legislazione e nel codice. Fra i casi di intimidazione rilevati dall’Osservatorio molti sono riferibili alle SLAPP, ovvero a cause legali promosse strumentalmente per impedire la partecipazione pubblica. Lo sono certamente quelle che Ossigeno ha classificato nelle seguenti tipologie di intimidazione per via legale definite dal suo Metodo di Monitoraggio:

TIPOLOGIA SLAPP 

querela pretestuosa

citazione per danni strumentale

querela pretestuosa da magistrato

sequestro documenti e strumenti lavoro

abusi del diritto

Nel 2022 le SLAPP rilevate in Italia da Ossigeno riguardano 52 episodi di intimidazione a danno di 125 giornalisti, blogger, difensori dei diritti umani, opinionisti. Le SLAPP hanno costituito il 41 per cento di tutti gli episodi rilevati e accertati dall’Osservatorio. Il totale degli episodi comprende le intimidazioni eseguite con atti di violenza, vari illeciti e reati e con gravi discriminazioni e abusi non perseguibili.

Le SLAPP più frequenti sono state le querele pretestuose (che hanno colpito 84 delle 125 vittime) e le cause civili pretestuose per ottenere un risarcimento di danni (hanno colpito 34 delle 125 vittime)

Nel 2023 le SLAPP rilevate in Italia da Ossigeno riguardano 46 episodi a danno di 108 giornalisti blogger, difensori dei diritti umani, opinionisti. Hanno costituito il 35 per cento di tutti gli episodi rilevati.

Le SLAPP più frequenti sono state le querele pretestuose (hanno colpito 59 delle 108 vittime) e le cause civile pretestuose per ottenere un risarcimento di danni (hanno colpito 30 delle 108 vittime).

Questo è il quadro dei principali promotori di SLAPP che mostra un primato delle istituzioni pubbliche, una categoria che comprende sindaci, amministratori di enti e aziende locali:

PROVENIENZA SLAPP NEL 2022

VITTIME

% 

Istituzioni pubbliche

58

46%

Sociale

35

28%

Imprenditoriale

18

14%

Mediatica

14

11%

Totale

125

100%

PROVENIENZA SLAPP NEL 2023

VITTIME

% 

Istituzioni pubbliche

62

57%

Imprenditoriale

16

15%

Sociale

13

12%

Mediatica

12

11%

Criminale

4

4%

Sconosciuta

1

1%

Totale

108

100%

Questi dati mostrano che in Italia le SLAPP si manifestano con frequenza e in misura significativa e non sono contrastate né percepite come attività scorrette che abusano della macchina della giustizia allo scopo di limitare la partecipazione alla vita pubblica e il libero esercizio dii diritti fondamentali dello Stato di diritto, quali la libertà di espressione e il diritto di informazione.

L’effettiva dimensione del fenomeno delle intimidazioni ai giornalisti e, fra esse delle SLAPP, è certamente molto più ampia di quanto dicono le cifre qui citate. Ossigeno ha intravisto molte altre possibili SLAPP ma ha potuto documentare con rigore soltanto questa parte del fenomeno, poiché dispone di risorse limitate.

Per ulteriori informazioni si rinvia:

LE REAZIONI DEL GOVERNO ALLA RELAZIONE SULLO STATO DI DIRITTO

Vediamo allora come e perché il governo Meloni e alcuni parlamentari della maggioranza di centrodestra hanno accolto il Rapporto manifestando sorpresa, con una vera e propria levata di scudi, con reazioni risentite e proteste accolte con stupore a Bruxelles.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in una irrituale lettera inviata a luglio 2024 alla presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen, ha minimizzato le contestazioni contenute nel documento, definendo ingenerose le critiche rivolte alla maggioranza di governo con una polemica politica strumentale fomentata da alcune ong italiane, da giornali pregiudizialmente ostili e dalle forze politiche di opposizione per mettere in cattiva luce il suo governo con argomentazioni false.

Alcuni osservatori suggeriscono che Giorgia Meloni e gli altri commentatori dell’area di governo probabilmente possono aver confuso, in modo grossolano, il Rapporto sullo stato di diritto dell’UE con un altro rapporto molto critico sulla libertà di stampa in Italia pubblicato negli stessi giorni da MFRR (un consorzio di organizzazioni non governative finanziato dalla Commissione Europea). Questo secondo rapporto evidenzia, fornendo vari esempi, che da quando, il 22 novembre 2022, il governo di centro destra guidato da Giorgia Meloni è entrato in carica gli esponenti politici e di governo hanno fatto ricorso più spesso e più frequentemente alle querele e alle azioni civili per diffamazione a mezzo stampa contro i giornalisti che hanno pubblicato notizie e opinioni non gradite.

Più probabilmente si è trattato invece di un’abile quanto spregiudicata manovra comunicativa con la quale il capo dell’esecutivo ha cercato di limitare, almeno nell’immediato, l’impatto mediatico del Rapporto della Commissione Europea sullo Stato di diritto, un documento ufficiale che il governo non potrà ignorare a lungo, poiché esso prevede un lungo percorso di confronto con le istituzioni italiane per sottoporre a una procedura di controllo e verifica gli adempimenti richiesti con le raccomandazioni. La procedura prevede una serie di sanzioni per il rifiuto delle raccomandazioni.  Quindi, la questione è destinata a tornare attuale, ad avere riflessi sul piano politico e a suscitare una finora inedita attenzione da parte dei giornali su un problema della incompiutezza della nostra democrazia. Questione che dovrebbe stare a cuore non soltanto ai giornalisti, non soltanto a una parte politica, ma a ogni cittadino, perché finché non sarà stato risolto questo problema risulterà limitata la possibilità di partecipare alla vita pubblica in modo chiaro e consapevole. 

IL PROBLEMA CHE NON C’E’

Finora i giornali, con rare eccezioni, hanno dedicato poco spazio a questi problemi. Si sono limitati a informare i loro lettori, con sporadici articoli di cronaca, soltanto di quelle minacce che colpiscono giornalisti molto noti e di quelle che provengono da esponenti politici e di governo. Cioè, soltanto di una parte del problema, una parte certamente importante e degna della massima attenzione, ma che la fa apparire molto meno grave di quel che è, riguardo alla dimensione, la natura e gli effetti che produce nella società. 

Infatti, le intimidazioni e querele per diffamazione pretestuose e infondate non vengono intentate soltanto dai politici di primo piano contro giornalisti noti e affermati che hanno alle spalle editori robusti, contro giornalisti che grazie alla loro notorietà possono mobilitare i media e suscitare attenzione, ottenere solidarietà pubblica e sostegno economico e legale dai loro editori. Il fenomeno è molto più esteso. Le intimidazioni e le minacce colpiscono in massima parte giornalisti impegnati nella cronaca locale, che lavorano per piccoli giornali o per notiziari online di cui spesso sono anche editori e che non hanno la forza per fronteggiare avversari potenti, dotati di visibilità, capacità di influenza sulle entrate del giornale e notevoli risorse economiche proprie. Questi giornalisti molte volte soccombono di fronte alla sproporzione delle forze.

Perché, come fa osservare anche il rapporto UE, in Italia la libertà di informazione è tutelata dalla legge, la circolazione delle notizie è molto ampia. Ma non si può dire che tutte le notizie vere, attuali e di interesse pubblico riescano a circolare liberamente. Né si può dire che chi raccoglie e diffonde informazioni rispettando la legge sia ampiamente tutelato. Negli anni scorsi lo hanno riconosciuto apertamente l’allora presidente del Senato, Pietro Grasso, e l’allora ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, come molti altri.

IL LATO LASCIATO IN OMBRA

Sono moltissimi i giornalisti, gli opinionisti, i blogger che in Italia, a causa del loro lavoro, sebbene lo abbiano svolto rispettando le regole deontologiche e la legge, subiscono minacce, violenze e azioni legali pretestuose e altre ritorsioni che li espongono ad angosce e li danneggiano sul piano economico e lavorativo. Sono migliaia. Sono cronisti che scavano fra le pieghe delle notizie e non chiudono gli occhi né la bocca davanti a scorrettezze di personaggi pubblici che non tollerano la pubblicazione di notizie svantaggiose per la loro immagine o per i loro affari. Molti fanno un lavoro oscuro e pagato male. Molti sono noti soltanto nel loro territorio o soltanto a chi vuole farli tacere. Costituiscono la spina dorsale dell’informazione italiana, di quella che realizza la missione di controllare la correttezza degli amministratori pubblici e di coloro che gestiscono il potere politico ed economico. Come ha scritto Sergio Zavoli, “sono l’orgoglio del giornalismo”

In Italia molte minacce e ritorsioni violente non vengono perseguite e la maggior parte rimangono impunite. Quasi sempre i reati e gli illeciti vengono perseguiti senza indagare sulla loro strumentalità, senza tenere conto di tali circostanze aggravanti. Decine di giornalisti vivono sotto scorta a causa di minacce di morte, quasi tutte provenienti dalla criminalità mafiosa, ma anche da gruppi politici di estrema destra. Altre centinaia di giornalisti beneficiano di forme di protezione parziale (“tutele”) da parte delle forze dell’ordine. Molti altri minacciati convivono con la paura, temono per la loro sicurezza personale e per quella dei loro familiari, ma devono guardarsi le spalle da soli, alcuni senza neppure la solidarietà dei loro colleghi. 

Ogni anno altre migliaia di giornalisti subiscono accuse di diffamazione pretestuose, false e infondate e devono risponderne in processi civili e penali lunghi e costosi, con spese legali a loro carico anche quando risultano innocenti. 

Nel periodo 2011-2014 questi processi, sono stati seimila l’anno e nove volte su dieci si sono conclusi con il proscioglimento dei giornalisti accusati. Questi dati ufficiali (forniti dal governo e pubblicati da Ossigeno Leggi su questo link segnalavano anche che le querele pretestuose aumentavano dell’8 per cento ogni anno. Nel 2019 l’ISTAT ha segnalato che erano diventate novemila Leggi. Non ci sono dati più aggiornati. 

Come ha segnalato Ossigeno nel dossier “Taci o ti querelo!”, questi processi sono resi possibili da leggi e procedure ingiuste, anacronistiche che dovrebbero essere cambiate, anche per esigenze di armonizzazione con il diritto internazionale sollecitate all’Italia dall’ONU, dall’Osce, dal Consiglio d’Europa e più di recente dal Parlamento Europeo. Da decenni i governi e le assemblee parlamentari si sono impegnati pubblicamente a procedere in questo senso, ma non lo fanno. Per tacitare le insistenti sollecitazioni in ogni legislatura il parlamento discute un progetto di legge che promette la soluzione, ma che non ottiene mai l’approvazione.  

Nel 2021 l’UNESCO ha dedicato uno studio alla piaga dell’uso scorretto del sistema giudiziario praticato in vari paesi per mettere in difficoltà giornalisti, blogger, opinionisti e attivisti che criticano il potere. Per risolvere il problema – osserva l’UNESCO – occorre abrogare leggi ingiuste, come quelle italiane, che permettono azioni legali pretestuose. Leggi il dossier UNESCO 

Numerosi altri documenti indicano le intimidazioni e le minacce ai giornalisti come un grave problema sociale che mette indebitamente in gravi difficoltà chi esercita legittimamente il diritto di informazione affermato dalla Costituzione italiana, dalla Carta dell’ONU e da tutte le convenzioni internazionali. In particolare, è affermato dall’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti Umani ed è tutelato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che ha sede a Strasburgo.

La limitazione del diritto di informazione è un grave problema sociale che danneggia tutti i cittadini e indebolisce la democrazia poiché impedisce o limita la loro partecipazione consapevole e informata alla vita pubblica. Nonostante tutto ciò, molte violazioni del diritto di informazione non vengono perseguite, molte intimidazioni non sono perseguibili, molte vengono perseguite senza considerare quale aggravante l’intento di impedire l’esercizio del diritto di informazione. Questo modo di trattare la questione spiega l’impunità quasi assoluta di chi commette queste violazioni e il debole effetto dissuasivo dell’azione giudiziaria.

C’è quindi un vuoto da colmare. Sul piano giornalistico, politico, legislativo, della conoscenza e della consapevolezza e delle iniziative per colmarlo. C’è molto lavoro da fare per la società civile, per i giornali, la scuola e i centri di ricerca e per tutti coloro che tengono al rispetto della libertà di stampa e del diritto di informare e di essere informati.

A cura di Alberto Spampinato

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