Assalto a La Stampa. Mi offende, commenta il figlio di Carlo Casalegno, ucciso dalle Br
In un’intervista ricorda che suo padre fu ucciso per le proprie idee e considera quella del 28 novembre 2025 un’ aggressione squadrista
OSSIGENO 7 dicembre 2025 – “Questa aggressione squadrista mi offende come cittadino, prima che come giornalista e come figlio di Carlo Casalegno. E’ una azione che va catalogata insieme a quelle di chi bruciava i libri e di chi somministrava olio di ricino. Ma anche insieme a quelle dei coloni israeliani che due giorni fa hanno aggredito dei giovani volontari che assistevano i palestinesi in Cisgiordania. Sono azioni intimidatorie”. Lo ha detto a “La Stampa” Andrea Casalegno, figlio del vicedirettore Carlo Casalegno ucciso dalle Br quarantotto anni fa. Cesare Martinetti lo ha intervistato per raccogliere il suo parere sull’assalto del 28 novembre alla redazione torinese del quotidiano in via Lugaro. L’intervista è stata pubblicata nell’edizione del 2 dicembre 2025.
Andrea Casalegno ritiene sbaglia parlare di gioventù che sbaglia e sottolinea che gli aggressori di oggi sono persone politicizzate che comprendono il significato di gesti così gravi.
“Essere figlio di una persona assassinata – ha detto – mi rende particolarmente sensibile all’orrore e alla criminalità del gesto. Mio padre è stato ucciso per le sue idee, perché secondo la terminologia delle Brigate rosse era un agente della controguerriglia psicologica, e dunque nella logica del colpirne uno per educarne cento. Come giornalista, capisco l’intenzione di intimidire i giornalisti. Tuttavia, siccome la stragrande maggioranza ha la schiena dritta, non servirà a niente”.
Commentando i fatti, la mobilitazione e l’atto intimidatorio, Andrea Casalegno sottolinea che, a suo parere, l’attacco è stato rivolto non tanto al giornale quanto simbolicamente al giornalista e “questo – h aggiunto – rende molto più grave il gesto intimidatorio nei confronti della libera manifestazione del pensiero. Chiunque sia il cosiddetto padrone [del giornale, ndr], è poi il singolo giornalista che scrive, firma ed è responsabile. Non è certamente il padrone che detta la linea sulla Palestina”. GPA
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