Ossigeno illustra l’idea del Pronto Soccorso NO SLAPP per i giornalisti querelati

Cosa hanno detto il presidente di Ossigeno, l’avv. Andrea Di Pietro e il segretario del Consiglio nazionale dell’Ordine nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Paola Spadari

OSSIGENO 20 novembre 2025 – Cosa si può fare in Italia di fronte all’incessante dilagare incontrastato delle SLAPP, ovvero delle querele e delle citazioni in giudizio per danni da diffamazione promossi pretestuosamente per intimidire migliaia di giornalisti incolpevoli, per metterli in difficoltà, per costringerli ad affrontare spese legali per vedere riconosciuta la propria innocenza? Che cosa si può fare concretamente e subito di fronte a tutto ciò, tenuto conto che le riforme necessarie, benché sollecitate mille volte, vengono rinviate continuamente, ormai da quasi trent’anni?

Ossigeno ha lanciato l’idea di creare un pronto soccorso NO SLAPP, ovvero un servizio di assistenza legale rapido e in gran parte gratuito, per ridurre i danni personali che subiscono coloro che, pur avendo rispettato la verità, le persone e le regole del giornalismo, ne rimangono vittime e devono subire. Il progetto è stato illustrato e discusso 28 il ottobre 2025 alla Casa del Jazz al convegno organizzato da Ossigeno per celebrare la Giornata mondiale indetta dall’ONU per mettere fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti Rivedi il video del convegno su Youtube 

Ecco che cosa hanno detto il presidente di Ossigeno Alberto Spampinato, il coordinatore dello Sportello Legale di Ossigeno avvocato Andrea Di Pietro e il segretario del Consiglio nazionale dell’Ordine nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Paola Spadari, che ha definitto l’idea utile e meritevole di essere approfondita. .

ALBERTO SPAMPINATO: Presentiamo oggi La proposta di Ossigeno di creare un “pronto soccorso per i giornalisti querelati pretestuosamente per diffamazione a mezzo stampa”. Non è un piatto pronto da mangiare, è ancora un’idea sulla quale stiamo lavorando, sulla quale chiediamo di lavorare e riflettere insieme a noi. L’idea ci è venuta considerando la preoccupante condizione dei giornalisti italiani: in un anno in Italia  il numero di quelli minacciati è aumentato del 78%; dieci anni di attività dello Sportello Legale di Ossigeno ci mostrano che questo servizio è più necessario che mai; le correzioni della legge sulla diffamazione che consente un così straordinario abuso delle querele a scopo intimidatorio, modifiche attese da decenni, non arrivano, né si può prevedere quando arriveranno. Di fronte a questo macello e alla totale incertezza sui rimedi legislativi, non possiamo limitarci a sollecitare il Parlamento come abbiamo fatto in questi anni. Non è saggio limitarsi ad attendere e sperare mentre ogni anno migliaia di giornalisti incolpevoli vengono travolti da querele pretestuose e altri abusi legali che li imbavagliano e li danneggiano economicamente. Mi riferisco in particolare ai giornalisti che, non avendo un editore impegnato ad assisterli, quando ricevono una querela  devono pagare da solo l’avvocato e altre spese legali, si indebitano, spendono i loro risparmi. Conosco giornalisti che hanno dovuto vendere la casa, cambiare lavoro, mettere a rischio il bilancio familiare. Dietro ogni querela pretestuosa c’è una censura e molta sofferenza. Un giornalista querelato dal suo sindaco e assolto dopo molti anni mi ha confidato che per pagare gli avvocati si è impoverito e la moglie lo ha abbandonato. Le querele pretestuose negano la libertà di stampa, intaccano i risparmi di giornalisti innocenti, rovinano le loro relazioni sociali. Lo abbiamo verificato negli ultimi anni con lo Sportello Legale di Ossigeno che ha aiutato oltre cento giornalisti ad affrontare le spese legali e ha ottenere successi straordinari nei tribunali. Abbiamo potuto assisterli impiegando un finanziamento che viene da Londra, l’unico finanziamento che siamo riusciti a ottenere per questa attività. Questa esperienza, che molti ancora non conoscono, ci ha fatto capire quanto è importante assistere i giornalisti querelati, aiutarli a ottenere solidarietà, aiutarli concretamente ad affrontare i loro problemi. E ci ha fatto vedere che, oltre ai cento giornalisti che siamo riusciti ce ne sono molti di più che meriterebbero di essere assistiti, aiutati nello stesso modo, soprattutto intervenendo nella fase iniziale del loro calvario, quando apprendono di essere stati querelati e si sentono deboli e smarriti.

ANDREA DI PIETRO – Io ho vissuto con te questa esperienza, sono stato fin dall’inizio il coordinatore dello Sportello Legale di Ossigeno e condivido le tue considerazioni.  Abbiamo creato lo Sportello una decina d’anni fa e mi fa piacere annunciare che sarà attivo anche nel 2026, grazie al finanziamento di Media Defence, l’organizzazione inglese senza fine di lucro che sostiene la nostra attività di assistenza legale, alla quale dobbiamo un’immensa gratitudine, perché è solo grazie a lei  che abbiamo potuto fare tutto questo. Questi 10 anni di Sportello ci hanno insegnato molte cose. E’ stato il nostro laboratorio”, è andato bene, con piena soddisfazione dei giornalisti assistiti e anche nostra, perché insieme a loro abbiamo aiutato la libertà di stampa. Abbiamo aiutato questi giornalisti lasciati da soli a difendersi in una causa giudiziaria, in difficoltà perché abbandonati dall’editore o in quanto freelance, oppure che svolgevano la loro professione sapendo che se qualcuno li avesse quereleti da parte dell’editore non avrebbero avuto né l’assistenza legale né la manleva. Questo Sportello ha svolto bene la sua missione e continuerà a farlo, ma ciò che può fare non è sufficiente di fronte alla fila che c’è là fuori di giornalisti bisognosi di aiuto.  Con le piccole risorse che ha, Ossigeno può intercettarne solo una piccola parte. Lo scopo del pronto soccorso legale che ora vorremmo promuovere è appunto quella di estendere la nostra esperienza, di portarla all’esterno per strutturare e istituzionalizzare un supporto legale che ormai è una necessità ineliminabile nello scenario attuale del giornalismo italiano. E’ ineliminabile perché, lo sappiamo per esperienza personale, ormai la manleva, ovvero il supporto legale dell’editore ai giornalisti, costituisce l’eccezione, non più la regola com’è stato in passato. Oggi pochi giornalisti hanno la fortuna di affrontare una causa giudiziaria, sia essa civile o penale, potendo contare sull’avvocato del giornale, potendo contare sul fatto che le spese legali dell’avvocato le pagherà il suo giornale, potendo contare anche sul fatto, e non è una questione da poco, che anche l’eventuale risarcimento del danno che potrebbe scaturire dalla sentenza sarebbe coperta dall’editore. Questa eventualità si è sempre più rarefatta nel corso degli anni, la solitudine dei giornalista di fronte a queste situazioni si è diffusa in maniera dilagante. L’idea del pronto soccorso nasce proprio per affrontare la questione, per offrire una tutela generalizzata, o comunque molto più ampia, rispetto a quella che può dare il nostro sportello-laboratorio. Seppure esso si sia dimostrato molto efficiente e attrezzato, da solo Ossigeno non può far fronte alla situazione che ho descritto. Occorre coinvolgere altre istituzioni, il consiglio dell’Ordine dei Giornalisti e chiunque altro può fornire competenze e risorse economiche e finanziarie per sostenere questo servizio.

ALBERTO SPAMPINATO: L’idea a cui stiamo lavorando è quella di fare, insieme a questi partner che hai indicato, degli accordi con gli avvocati disposti, sulla base di precisi protocolli, a offrire alcune prestazioni pro bono più un’altra parte a tariffe concordate, nei modi possibili, perché anche gli avvocati hanno dei limiti per le prestazioni gratuite erogabili. In particolare, dovrebbero intervenire al momento in cui viene notificata la querela al giornalista,  perché quello è  il momento in cui il giornalista querelato è più debole e  disorientato e può incorrere in spese elevate. Abbiamo avuto il caso di un giornalista al quale, con una lettera di diffida, hanno chiesto 50.000 euro da pagare entro pochi giorni. Gli hanno consigliato di rivolgersi a un legale che gli ha preso migliaia di euro, così su due piedi. Per fortuna non succede spesso, però esiste il rischio di fare mosse sbagliate nel momento di maggiore debolezza, quando devi capire cosa fare, devi scegliere un avvocato e non sai a chi rivolgerti. E’ uno dei motivi per cui serve un servizio di pronto soccorso affidabile. Chiedo dunque all’avv. Di Pietro, che ha una grande esperienza di questa materia, se per queste prime fasi del processo si potrebbero stipulare degli accordi, coinvolgendo Ordini, associazioni sindacali e altro, a favore dei giornalisti in difficoltà. Naturalmente sarebbero assistiti solo quelli in grado di dimostrare di aver agito in modo eticamente corretto, come già facciamo per lo Sportello Legale di Ossigeno.

ANDREA DI PIETRO . Si, credo che lo schema possa funzionare, a patto che gli avvocati condividano la causa. Non si può fare senza condividere l’obiettivo che si fa per difendere la libertà di stampa. E’ sicuramente possibile che gli avvocati offrano una consulenza iniziale per indirizzare il giornalista nel momento in cui gli viene notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari, quando conosce il primo atto di un processo penale o la  citazione di una causa civile. Di solito il querelato non sa nemmeno quali sono i primi passi da muovere in queste circostanze. Secondo me, un supporto consulenziale a titolo gratuito in questa primissima fase si può chiedere senza problemi a tutti gli avvocati che condividono lo spirito di solidarietà che muove questa iniziativa. Dopodiché, quando la questione approda alla fase processuale, sia essa civile o penale, bisogna valutare come procedere, anche utilizzando gli strumenti che ci sono nel nostro ordinamento, che a livello generale prevede la possibilità di assistere l’imputato ma anche il convenuto in sede civile attraverso il patrocinio a spese dello Stato per chi ha un reddito non superiore a 13.000 euro circa. Tutte le persone meno abbienti, non soo i giornalisti, possono contare su questo tipo di supporto creato per garantire il diritto di difesa di ogni cittadino italiano. Poi esiste un altro strumento che è il tariffario, che prevede valori minimi medi e massimi. Bisognerebbe trovare degli accordi generalizzati e stabili per l’applicazione di un tariffario minimo che possa soddisfare gli avvocati che partecipano a questa iniziativa. 

ALBERTO SPAMPINATO – Credo che a questo punto sia importante precisare un’altra questione: perché in Italia i giornalIsti non si possono dotare di un’assicurazione professionale per coprire questi costi?

ANDREA DI PIETRO – Non si possono dotare di un’assicurazione professionale perché la diffamazione è un reato punito a titolo di dolo anche quando il giornalista ha commesso un errore determinato da colpa e non dalla sua volontà di nuocere. L’assicurazione non può coprire le spese legali per chi è accusato di fatti dolosi, che hanno una intenzionalità, come appunto è considerata la diffamazione nel nostro ordinamento. Faccio un esempio: noi avvocati siamo obbligati a stipulare una assicurazione professionale, che però non possiamo attivare per i fatti dolosi. Ad esempio, non possiamo attivarla se siamo accusati di infedele patrocinio o di una frode processuale. Però possiamo attivarla di fronte a fatti colposi anche gravi: ad esempio, per aver dimenticato di depositare un appello o di andare in udienza. Questi sono errori colposi, anche gravi, ma non colposi, non volontari e per essi è possibile avere dall’assicurazione una copertura sia risarcitoria sia di tutela legale. L’obbligo di assicurarsi non è solamente a tutela dell’avvocato, ma anche a tutela del malcapitato di turno che è danneggiato. Se l’avvocato è assicurato, sarà sicuramente capiente nel momento in cui sarà chiamato a rispondere di danni e quindi è un vantaggio anche per il soggetto danneggiato. Anche l’assicurazione professionale del giornalista, se fosse possibile, non sarebbe solamente un beneficio per lui, ma anche una tutela per tutta la platea dei possibili danneggiati da un suo errore involontario, perché avrebbero a che fare con un soggetto sicuramente solvente. Ciò che impedisce ai giornalsiti di avere un’assicurazione professionale per coprire le spese delle querele è l’art. 595 del Codice Penale che configura la diffamazione a mezzo stampa come un reato comunque doloso. Che fare? La soluzione è molto semplice: basterebbe abrogare questo articolo del codice penale, depenalizzando la diffamazione a mezzo stampa, come chiedono da molti anni Ossigeno e le massime organizzazioni internazionali che difendono la libertà di stampa come uno dei diritti umani fondamentali. Basterebbe un colpo di penna del Parlamento. la depenalizzazione, eliminerebbe l’effetto raggelante che questa configurazione penale della diffamazione ha su tutti i giornalisti e risolverebbe anche il problema dell’esposizione patrimoniale personale dei giornalisti, che non è una cosa da poco in questo momento di emergenza e di urgenza dovuto all’ampio abuso delle querele per diffamazione. Basterebbe abrogare semplicemente l’art. 595. In Italia finora nessun partito rappresentato in Parlamento lo ha proposto, ma molti paesi lo hanno fatto. L’Inghilterra l’ha fatto nel 2008. Depenalizzare cancellando l’articolo 595 del codice penale non vuol dire introdurre un vuoto normativo in Italia, non vuol dire cancellare la possibilità di punire la diffamazione, non vuol dire che tutti potrebbero diffamare impunemente. Assolutamente no, perché le condotte ascrivibili al giornalista sono già tutte sussumibili sotto articolo 2043 del codice civile, il quale andrebbe a copertura di tutte le azioni legali per le possibili diffamazioni. Abrogare il 595 vuol dire rendere possibile finalmente una copertura assicurativa per gli errori dei giornalisti, come e già possibile per gli avvocati e altre categorie professionali. L’obbligo della copertura assicurativa risolverebbe il grave problema dei giornalista che lavoro senza avere un editore pronto a tutelarlo con la manleva. Fra l’altro voglio precisare che oggi la manleva non è un dovere degli editori, non ha una base giuridica. La manleva è una sorta di regalo che l’editore, se vuole, quando ha le risorse per farlo, fa al direttore o al giornalistache lavora per lui. Oggi c’è una sostanziale differenza fra i rischi e le coperture del giornalista autore di un articolo e il suo direttore, perché il direttore responsabile può commettere un reato per diffamazione solamente colposo. L’articolo 57 del codice penale lo punisce solamente a titolo di colpa. Non è un problema assicurare il direttore responsabile e limitare così la sua esposizione giudiziaria. Tuttavia le assicurazioni non forniscono prodotti adeguati per i direttori: con la legge attuale l’esposizione giudiziaria è tale per cui nessuna assicurazione è interessata a dare questo tipo di copertura. 

Quando la diffamazione sarà stata depenalizzata la situazione cambierà. Non sarà difficile trovare una soluzione condivisa fra le compagnie assicurative italiane e organizzazioni rappresentative dei giornalisti. L’attuale situazione di emergenza mette in dubbio, la libertà di stampa, non può più permanere.  Vi è infatti ormai più di qualche perplessità sul fatto che in Italia i giornalisti siano veramente liberi, concretamente, di svolgere quotidianamente il loro lavoro, con questa situazione di esposizione giudiziaria e patrimoniale

ALBERTO SPAMPINATO: L’avvocato Di Pietro ci ha chiarito alcuni aspetti giuridici del problema. Ha fornito elementi che rafforzano la nostra proposta di creare il pronto soccorso legale per i giornalisti. Noi speriamo che ci sia la disponibilità ad aprire un tavolo di discussione e di confronto per approfondire la questione. Ossigeno è pronto a fornire l’esperienza maturata in questo centinaio di processi in cui ha fornito assistenze legale a costo zero per i giornalisti querelati pretestuosamente, anche grazie alla competenza giuridica e professionale e di questo valente avvocato, Andrea Di Pietro, che vince tutti i processi.  Adesso chiedo a Paola Spadari, segretario del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, di dire che cosa ne pensa.

PAOLA SPADARI – Ho ascoltato le vostre considerazioni. Mi sembrano molto interessanti. Ci sono state note molto dolenti, ma anche segnali positivi. La vostra idea di un pronto soccorso legale per i giornalisti querelati mi sembra utile e ritengo opportuno approfondirla. Ritengo che non risolverebbe il problema delle querele temerarie, che è endemico, ma potrebbe fornire qualche sollievo. Bisognerà attivarsi su questa problematica, che riguarda certamente riguarda anche il parlamento e il governo. Innanzi tutto voglio chiedere all’avvocato Di Pietro se, a suo avviso, la proposta di abrogare questo articolo della legge può suscitare  consenso fra gli avvocati e altre parti della società italiana, perché sospetto che possa suscitare resistenze. Lo chiedo perché a me sembra un’iniziativa utile. Per quanto riguarda la proposta di affrontare l’intera problematica con questo ulteriore strumento da voi proposto,tenteremo di fare un passo in avanti. intanto, insisto nel dire che (dopo l’attentato a Sigfrido Ranucci) c’è stata una sorprendente ondata di reazioni emotive e di solidarietà. E’ un fatto positivo. Questo risultato non va abbandonata. Dobbiamo continuare a stare sui giornali e questo è lo strumento per farlo. Spesso noi giornalisti siamo  cattivi comunicatori delle cose che ci riguardano. E’ stato così anche in passato, quando abbiamo fatto iniziative a cui a suo tempo ho partecipato da cronista e di cui ho scritto, co i giornali che non riprendevano la notizia. Quindi, oltre a partecipare in piazza alle varie iniziative, insieme agli altri organismi della categoria, dobbiamo attivare i nostri colleghi giornalisti affinché ne scrivano. Suggerisco ad Alberto di fare una conferenza stampa su queste cose, possibilmente in parlamento, e  intanto di continuare a sondare le adesioni alle vostre proposte. Spero di trovare anche degli avvocati disposti ad attivarsi. io stessa ne ho in mente qualcuno. Ci sono studi legali molto attivi su questo fronte. Mi auguro che soprattutto all’inizio vogliano dare una mano  riconoscendo che si tratta di affrontare un problema che riguarda tutti, non solo i giornalisti. Mi auguro che l’attenzione non scenda, perché non deve scendere, visto che ci riguarda tutti,, cittadini e operatori dell’informazione. L’informazione è un bene comune di cui tutti si dobbiamo prendere più cura, non soltanto i giornalisti. Il momento mi pare favorevole. Cerchiamo di conquistare anche una piazza mediatica per palarne con la gente, per far capire che la qualità e lo stato di salute dell’informazione non riguarda solo chi ci lavora. Alberto, non ci  dobbiamo stancare. Noi ci siamo invecchiati, ma ci siano nuove leve che in qualche modo continueranno a fare il lavoro in cui noi abbiamo creduto per tanti anni. Dobbiamo fidelizzare anche i giovani cronisti, quelli che spesso sono alle prese con il precariato e lottano quotidianamente per la soppravvivenza in questo mestiere e di cui parlava giustamente anche Stefano Ferrante. Vi ringrazio di questo invito. Noi siamo sempre stati a fianco  di Ossigeno e continueremo perché condividiamo i valori per cui vi battete.  Continueremo ad aiutarvi finché ci sarà possibile. ASP

Rivedi il video degli interventi su Youtube 

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