Questo episodio rientra tra le violazioni verificate da Ossigeno per l'Informazione

Torino. Com’è partito l’assalto del 28 novembre a La Stampa. Cronistoria dei fatti

Da settimane gli antagonisti minacciavano i giornalisti – Il presidio della polizia disposto dopo l’aggressione – Rabbia in redazione

OSSIGENO 15 dicembre 2025 – Cos’è accaduto il 28 ottobre 2015 a Torino alla redazione de La Stampa? Com’è maturata quell’aggressione? Come l’hanno vissuta i giornalisti minacciati? Due settimane dopo si può rispondere con più precisione a queste domande.

Quel giorno c’è stata l’irruzione violenta di una folla di manifestanti che ha devastato la sede di uno dei più autorevoli quotidiani italiani. Quella folla ha tracciato scritte murali ingiuriose, ha minacciato in coro singoli giornalisti e l’intera redazione, ha contestato il loro diritto di raccontare i fatti e valutarli con autonomia di giudizio, com’è prerogativa di ogni giornale e ogni giornalista.

La ricognizione di questi fatti e quelli che li hanno preceduti nelle settimane precedenti fa apparire l’assalto alla sede di Torino del quotidiano La Stampa un’azione che va ben oltre il legittimo diritto di contestare le opinioni altrui. Costituisce un’ingiustificabile intimidazione collettiva, attuata compiendo reati e altri atti configurabili come evidenti violazioni del diritto di informare e di essere informati, per rivolgere un’esplicita minaccia all’intero corpo redazionale e ai dipendenti del quotidiano che collaborano con i giornalisti per produrre notizie e confezionare il giornale, un collettivo di almeno 120 operatori. Per tutto ciò e per altre considerazioni, Ossigeno considera l’irruzione a “La Stampa” la minaccia più grave rivolta ai giornalisti italiani negli ultimi venti anni. (leggi l’editoriale)

Quella che segue è la ricostruzione dell’Osservatorio Ossigeno per l’Informazione.

I FATTI -Il 28 ottobre 2025, nel primo pomeriggio, a Torino la redazione del quotidiano ‘La Stampa’, che si trova in via Ernesto Lugaro, è stata presa d’assalto da un centinaio di manifestanti che, per compiere questa azione, si sono staccati dal corteo ufficiale organizzato in occasione dello sciopero generale. I manifestanti che si sono introdotti nella sede del giornale facevano parte del corteo pro Palestina, al quale partecipavano gruppi e collettivi antagonisti.

In quel momento la sede del giornale era deserta. I giornalisti non c’erano perché avevano aderito allo sciopero indetto per quel giorno dal loro sindacato di categoria (la FNSI), per protestare contro il mancato rinnovo del contratto di lavoro.

I manifestanti sono entrati nei locali del quotidiano forzando due ingressi dello stabile. Una parte di loro era a volto coperto. Non c’era nessun presidio di polizia a protezione della redazione. Le forze dell’ordine non presidiavano l’ingresso del giornale né quello della sede torinese del quotidiano ‘la Repubblica’, che si trova nella stessa strada.

Prima di irrompere nei locali della redazione, i manifestanti hanno scandito in coro slogan di protesta contro il giornale, facendo il nome di una cronista de “La Stampa”, lanciando insulti contro di lei, che dal 9 ottobre aveva pubblicato articoli di cronaca sulla vicenda dell’imam di Torino Mohamed Shahin, arrestato e portato in un centro di detenzione per la successiva espulsione dall’Italia a causa di alcune sue frasi e dichiarazioni con le quali ha giudicato la strage compiuta da Hamas il 7 ottobre 2023 come un atto di resistenza dei palestinesi contro l’occupazione israeliana.

Gli antagonisti hanno lanciato letame contro i cancelli e poi, all’interno della redazione, urlando “Free Palestine” e “Giornalisti complici dell’arresto in Cpr di Mohamed Shahin”, hanno devastato gli uffici. Hanno buttato a terra pile di giornali, libri e carte che si trovavano sulle scrivanie, hanno tracciato scritte sui muri con vernice spray, hanno scandito “Giornalista terrorista, sei il primo della lista”, “Giornalista ti uccido”, e altri slogan simili.

La Digos, dopo avere analizzato i filmati acquisiti, ha identificato in tempi brevi più di trenta persone, tutte riconducibili ad attivisti del centro sociale ‘Askatasuna’ e dei collettivi studenteschi ‘Collettivo universitario autonomo’ e ‘Kollettivo studentesco autorganizzato’.

Dopo l’irruzione, le forze dell’ordine hanno istituito o rafforzato i presidi di vigilanza davanti all’ingresso delle redazioni de La Stampa e della Rai. Il Prefetto Donato Cafagna ha aperto un tavolo di coordinamento. Ha riunito il COSP (Comitato operativo sicurezza pubblica) con la partecipazione dei vertici degli organi di informazione. “Rafforzeremo il presidio – ha dichiarato il Prefetto – anche in forma fissa, in particolare alla Rai e a ‘La Stampa’, e in maniera dinamica ad altri obiettivi per cercare di prevenire azioni violente. Noi oggi parliamo dell’assalto alla Stampa, ma negli ultimi mesi ci sono state anche aggressioni nei confronti di singoli giornalisti per la strada o sui social. Di fronte a questo salto di qualità nella violenza da parte di questi gruppi antagonisti, è necessario avere anche un’attività di prevenzione forte e coordinata”.

LA RIVENDICAZIONE – Dopo che la Corte d’Appello di Torino ha confermato il trattenimento e l’espulsione dell’imam dall’Italia, il violento attacco a ‘La Stampa’, partito durante il corteo, prima con fumogeni di copertura e poi con i cappucci in testa e le video camere di sorveglianza divelte, è stato rivendicato in diretta su Instagram dal collettivo di ‘Akatasuna’, che ha accusato il giornale di essere “complice dell’arresto in Cpr di Mohamed Shahin in sinergia con la Digos”.

La contestazione del quotidiano ‘La Stampa’ è cominciata alcune settimane prima del 28 novembre sui siti web e su canali social riconducibili ai vari movimenti antagonisti e al comitato ‘Torino per Gaza’. Il lavoro di alcuni cronisti del quotidiano che seguivano le varie manifestazioni di protesta, compresa la vicenda dell’imam, era stato etichettato come intento a “coadiuvare le operazioni di polizia”, a “rincarare la dose e produrre materiale utile alla Questura (…) con l’esplicita intenzione di collaborare alle operazioni che hanno l’obiettivo di colpire i movimenti sociali e le lotte cittadine”.

L’ANTEFATTO – Le rivendicazioni dell’assalto alla sede del giornale torinese hanno mostrato che le motivazioni di questa azione sono riconducibili in particolare alla copertura giornalistica che ‘La Stampa’ ha dato al caso dell’imam Mohamed Shahin, con vari articoli di cronaca. Il caso era diventato caldo il 9 ottobre scorso, nel corso di una manifestazione a Piazza Castello, organizzata a supporto della Global Sumud Flotilla, quando l’imam aveva dichiarato pubblicamente di considerare un atto di resistenza giustificabile da decenni di occupazione militare israeliana l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 (di cui ricorreva l’anniversario) .

‘La Stampa’ ne ha dato notizia e due giorni dopo, in esclusiva, ha dato la parola all’imam che, senza smentire le sue precedenti affermazioni del 9 ottobre, ha cercato di attenuarne la portata, contestualizzandole. L’intervista è firmata dalla cronista che per questo articolo è stata poi insultata durante il corteo, in rete, sui social e il 28 ottobre dai manifestanti.

Le dichiarazioni dell’imam hanno spinto l’onorevole Augusta Montaruli (deputata di FdI) a intervenire, rivolgendo al Ministero dell’Interno la richiesta di valutare “i requisiti per la sua espulsione e la chiusura temporanea del centro nel quale opera, già noto alle cronache per le posizioni estremiste che ha espresso in passato”.

Un mese dopo, il 24 novembre, il Ministero ha attuato la proposta di espulsione. Nelle motivazioni ha indicato alcune situazioni pregresse di presunto appoggio a posizioni estremiste. Il legale dell’imam egiziano ha fatto ricorso contro l’espulsione, ma  la Corte d’appello di Torino ha confermato il provvedimento, nonostante già il 16 ottobre precedente, il Tribunale di Torino, a cui era stato segnalato il caso, avesse ritenuto di archiviare la posizione di Mohamed Shahini.

La vicenda dell’imam Shahini ha avuto un ulteriore sviluppo il 3 dicembre, quando il Tar del Piemonte, ha annullato la sospensione del suo permesso di soggiorno disposta dal Viminale e ha respinto la misura cautelare a suo carico, rimandando al 14 gennaio 2026 la camera di consiglio per la trattazione collegiale del caso. La vicenda si è sviluppata il 15 dicembre con la decisione della Corte d’Appello di Torino di “cessazione del trattenimento nel Cpr” disposto dal questore di Torino Vedi la notizia

I CRONISTI – Come hanno vissuto queste vicende i giornalisti de ‘La Stampa’? In molti di loro l’assalto del 28 novembre ha determinato un senso incomprensione, di rabbia, di ingiustificabile violazione del diritto di cronaca, nella convinzione di avere svolto correttamente il loro lavoro di cronisti e di essere diventati un bersaglio proprio per questo. La redazione da tempo fa i conti con intimidazioni, pressioni, insulti e minacce provenienti dagli antagonisti del Torinese. Considerano paradossale la dinamica delle minacce e delle ritorsioni: è stato contestato di avere innescato il processo che ha portato ai provvedimenti contro Mohamed Shain: proprio alla cronista che contattò l’imam per verificare le sue affermazioni e che gli ha dato voce riferendo le sue parole. Lei ha detto a Ossigeno di aver fatto solo la cronaca dei fatti, il suo lavoro.

LE REAZIONI – Il violento quanto plateale attacco alla sede de ‘La Stampa’ ha suscitato una pronta e decisa condanna generale e una pioggia di attestati di solidarietà ai giornalisti da parte degli organismi della loro categoria e dai rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali.

Ordine nazionale e regionale dei giornalisti, Fnsi, Associazione Stampa Subalpina hanno diffuso un comunicato congiunto in cui definiscono l’assalto “inaccettabile”. “Ogni forma di dissenso espressa con atti intimidatori e di violenza – hanno scritto – non ci appartiene e la rifiutiamo con forza. L’aggressione verbale e le irruzioni nelle redazioni dei giornali riportano indietro le lancette del tempo a quando ogni pensiero non allineato al governante di turno veniva punito con l’olio di ricino e le bastonate. E quei comportamenti venivano etichettati come ‘azioni fasciste’. Anche oggi a distanza di quasi 90 anni ci ritroviamo ad affrontare queste manifestazioni d’odio e a constatare come la storia non abbia insegnato nulla”.

La solidarietà giornale e ai giornalisti è stata espressa anche dalle istituzioni locali e nazionali: dal sindaco di Torino, dal presidente della Regione Piemonte, da esponenti politici di ogni schieramento, dal Parlamento, dal Governo, dalle massime cariche dello Stato. Il Presidente della Repubblica. Sergio Mattarella ha manifestato al direttore Andrea Malaguti e alla redazione la sua vicinanza e ha espresso la ferma condanna della violenta irruzione nella sede del quotidiano di Torino. LT

Leggi anche Perché è la minaccia ai giornalisti più grave degli ultimi anni

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