2025. Meta Rapporto Ossigeno/2 Se diecimila querele l’anno vi sembran poche…
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In dieci anni in Italia l’abuso a scopo intimidatorio dei procedimenti penali per diffamazione è cresciuto del 100% – I dati – Le storie dei querelati
OSSIGENO 28 ottobre 2025 – Da anni in Italia le querele per diffamazione a mezzo stampa basate su accuse false o pretestuose, usate contro i giornalisti come strumento intimidatorio o di ritorsione, sono moltissime. Migliaia ogni anno. Negli ultimi dieci anni hanno proliferato indisturbate, anno dopo anno. Non essendo stata introdotta nessuna delle tante contromisure che il Parlamento ha esaminato, sono raddoppiate. Si sono affermate come lo strumento intimidatorio più facile e indolore per chi vuole farne uso e, allo stesso tempo come atti fortemente condizionanti per chi le subisce. I dati dicono che questa marea crescente e inarrestabile continua a mettere in gravi difficoltà moltissimi giornalisti che non hanno nessuna colpa, come ha mostrato Ossigeno raccontando il calvario di molti di loro.
QUERELE E SLAPP – Cominciamo col dire che queste querele non comprendono quelle azioni legali a cui si potrà applicare la Direttiva Anti-SLAPP dell’UE del 2024, che si applicherà solo alle cause civili per diffamazione a mezzo stampa, per la verità a una parte di esse. Le querele sono denunce penali e sono più di quante si possa immaginare. Ogni anno in Italia ne vengono presentate circa 10.000. Le cause civili per diffamazione a mezzo stampa, promosse per ottenere un risarcimento danni da presunta diffamazione, sono un altro migliaio l’anno. Quasi tutte queste cause sono contro giornalisti e blogger, quelli di loro che osano pubblicare notizie (cioè informazioni di pubblico interesse attendibili e attuali) e opinioni sgradite a persone più o meno potenti e agguerrite. Poiché i procuratori hanno l’obbligo di esercitare l’azione penale per ogni notizia di reato vera o presunta, Ogni querela dà vita a un processo penale,. Quindi diecimila querele danno vita ad altrettanti processi penali, più o meno lunghi e costosi.
ESITO DELLE QUERELE – Come si concludono queste diecimila querele? Quasi tutti ( il 90%) con il proscioglimento dei querelati, con una sentenza che respinge le accuse. Quindi soltanto una querela su dieci è basata su accuse esagerate, false, infondate. Ma i querelanti continuano a promuoverle lo stesso, anche se la probabilità di ottenere una condanna è così bassa. Perché? Perché la querela ha comunque un effetto intimidatorio sul querelato, lo costringe a sostenere spese legali, gli causa un danno economico, è un bavaglio che lo induce a trattare con grande cautela l’argomento per cui è stato querelato.
LE SPESE LEGALI – Nella maggior parte dei casi i giornalisti querelati devono sostenere le spese legali anche se il giudice li assolve. Molti di loro non hanno un editore che si fa carico di queste spese. I giornalisti non possono limitare l’esposizione a questo rischio stipulando una assicurazione, come possono fare molte altre categorie per gli errori professionali, perché per la legge italiana la diffamazione è un reato comunque doloso e le spese per i reati dolosi non sono assicurabili. Il giudice può imporre al querelante di rimborsare le spese al querelato prosciolto soltanto se emette la sentenza con la formula “il fatto non sussiste”, ma di solito assolve con la formula “il fatto non costituisce reato”. Accade nella minoranza dei casi.
I DATI DEL MINISTERO – Ossigeno per l’informazione ha documentato ampiamente questo andamento con il racconto di moltissime storie. Inoltre Ossigeno ha documentato la dimensione del fenomeno con dati ufficiali inediti. Lo ha fatto nel 2016, quando è riuscito a ottenere dal Ministero della Giustizia le statistiche sull’esito di questi processi (vedi il dossier Taci o ti querelo!) . L’aggiornamento di quei dati fatto dall’ISTAT nel 2019 porta al calcolo attuale di diecimila querele l’anno. Con tutto ciò il parlamento italiano continua a rinviare (lo fa da trent’anni) le contromisure che sarebbero necessarie e possibili.
LA DIRETTIVA UE – Per fortuna si sta muovendo la Commissione Europea, che però non può fare ciò che per competenza esclusiva spetta al Parlamento italiano: la riforma delle norme penali necessaria per eliminare l’uso intimidatorio delle querele. La novità è rappresentata dalla Direttiva Anti-SLAPP approvata dallUE nel 2024 che riguarda una parte delle cause civili per diffmazione mezzo stampa, quelle transfrontaliere (cioè che coinvolgono più di un paese, una piccola percentuale del totale). La Direttiva prevede norme efficaci per prevenire gli abusi, ad esempio impone a chi le promuove una cauzione a copertura delle spese legali e del risarcimento richiesto, una somma che perderà se la causa non si risolverà a suo favore. Un deterrente per chi promuove cause infondate. Un deterrente che sarebbe necessario anche per le querele e che il Parlamento italiano potrebbe e dovrebbe introdurre con la legge di applicazione della Direttiva, introducendo questa e altre norme di maggior garanzia contro l’abuso dei procedimenti per diffamazione.
DIECI ANNI DOPO – Nel 2026 saranno passati dieci anni da quando il Ministero della Giustizia ha fornito gli ultimi dati ufficiali sull’esito dei processi per diffamazione. Quei dati dicevano che ogni anno in Italia quasi seimila processi penali per diffamazione a mezzo stampa e di essi 5.125 risultavano basati su querele infondate o pretestuose (il 90% di quelle definite dai Tribunali). Quei dati segnalavano anche un aumento annuale delle querele pari all’8%. Quell’aumento c’è stato.
Nel 2019 l’Istat ha detto che le querele erano arrivate a 9.000 l’anno. E adesso quante sono? Certamente di più. Diciamo diecimila almeno, perché il monitoraggio di Ossigeno dice che negli ultimi sei anni la situazione non è migliorata. Dice che il massacro dei giornalisti e della libertà di informazione causato dall’abuso delle querele prosegue. Se il Governo vuole smentire queste cifre, tiri fuori dal cassetto i suoi dati aggiornati e li pubblichi regolarmente, ogni anno, come fa per i processi che riguardano altri reati. ASP


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