Editoriale

Mafia e informazione. Gravi attacchi, molte proteste, poca solidarietà

Questo articolo è disponibile anche in: Inglese

Questo brano è tratto dell’ampia ricerca effettuata da “Ossigeno per l’Informazione Onlus”, per incarico della Commissione Parlamentare Antimafia

A novembre del 2017, due gravi episodi avvenuti in Sicilia e nel Lazio hanno creato un’attenzione senza precedenti, anche a livello mediatico e istituzionale, verso il fenomeno del condizionamento violento dei cronisti impegnati a raccogliere e diffondere informazioni inedite sull’attività dei gruppi criminali collegati con personaggi e clan mafiosi. Gli spunti sono venuti dalle plateali minacce al giornalista Paolo Borrometi, che vive sotto scorta dal 2014, e dall’aggressione, altrettanto plateale, al giornalista Daniele Piervincenzi e al video operatore Edoardo Anselmi. Aggiungendosi a un crescendo di altre gravi intimidazioni dello stesso genere (dall’inizio dell’anno erano 281 quelle registrate e rese pubbliche da Ossigeno, di cui 120 a Roma e in Lazio), questi episodi hanno avuto un effetto valanga (…).

Le reazioni pubbliche all’aggressione di Ostia sono state più forti e partecipate rispetto al passato, ed è un fatto positivo. Allo stesso tempo, la partecipazione alle iniziative pubbliche di protesta è apparsa inferiore alle aspettative. Dunque, anche chi subisce attacchi così gravi e ingiusti, attacchi che danneggiano l’intera collettività, non ottiene molta solidarietà. Questo è un aspetto collaterale ma essenziale del problema. Perché l’isolamento sociale indebolisce le vittime, contribuisce a diffondere un clima di intimidazione che dice a tutti gli altri “Attento a quello che fai”. Questo elemento è già emerso molte volte, a seguito di gravi episodi. È stato evidente, ad esempio, dopo gli attacchi personali dell’avvocato difensore di uno degli imputati del processo “Roma Capitale” al giornalista Lirio Abbate, l’autore dell’inchiesta giornalistica esclusiva che, prima dell’avvio delle indagini della magistratura, aveva denunciato i fatti criminosi che avvenivano a Roma. A gennaio 2016, il legale ha contrapposto l’autore dello scoop a tutti gli altri giornalisti, indicando il fatto che questi non avevano scritto sull’argomento perché professionalmente corretti. (…) Questi episodi si sono ripetuti. C’è stata ogni volta una levata di scudi da parte dei vertici della categoria a difesa di Lirio Abbate. Ma poche reazioni pubbliche di solidarietà a suo favore da parte di singoli giornalisti, da altre testate e ancor meno da non-giornalisti.

È evidente che soltanto una piccola parte dell’opinione pubblica e del sistema dei media riconosce la funzione pubblica del giornalismo di cronaca, che pochi hanno una chiara cognizione del fatto che la libertà d’informazione sia un diritto e un bene sociale da difendere in quanto tale, un diritto inalienabile di ogni cittadino.

Tante persone hanno condannato l’aggressione di Ostia. La maggior parte di loro ha reagito alla brutalità del gesto. Alcuni hanno manifestato contro la criminalità mafiosa. Altri contro il riemergere della violenza politica dell’estrema destra. Pochi hanno protestato espressamente per la violazione del diritto di informazione, sebbene questa violazione sia un connotato essenziale dell’episodio.

I commenti di alcuni giornalisti hanno confermato che la percezione di queste violazioni è limitata anche all’interno della categoria. Sono emerse opinioni divergenti sui rischi che i giornalisti devono accettare per assolvere i doveri della loro professione. Dopo l’aggressione a Piervincenzi, alcuni giornalisti hanno espresso quella filosofia del quieto vivere che si esprime nella domanda “Chi te lo fa fare?”, rivolta a chi subisce intimidazioni e ritorsioni a causa del suo lavoro. Alcuni hanno preso apertamente le distanze dagli aggrediti, sostenendo che chi va in giro puntando una telecamera e fa domande sgradite a personaggi che potrebbero reagire violentemente non fa giornalismo, ma svolge tutt’altra attività. I vertici della categoria, com’era giusto e doveroso, hanno sostenuto il contrario con le loro pubbliche attestazioni di solidarietà. Ma su questa questione rimangono profonde divergenze (…).

Questo brano è tratto dal Rapporto di “Ossigeno per l’Informazione Onlus” dal titolo “L’Antitesi mafia informazione”, frutto della ricerca condotta per incarico della Commissione Parlamentare Antimafia, sul tema: “La funzione degli organi di informazione nel rapporto con le associazioni criminali mafiose e similari, in Italia, nelle regioni tradizionali di insediamento e nelle regioni centro-settentrionali, e all’estero. Analisi del ruolo del giornalismo d’inchiesta ai fini della conoscenza della prevenzione e del contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso e indagine sui possibili risvolti collusivi connessi all’attività giornalistica ed editoriale”. Ossigeno ha presentato i primi risultati della ricerca nel 2014 e li ha illustrati alla Commissione nel 2015. A gennaio 2017, Ossigeno ha fornito un aggiornamento sul periodo 2015-2017.

ASP ONY

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