Bonus di Ossigeno a Stefano Origone, parte civile contro agenti polizia

OSSIGENO – 8 ottobre 2020 – L’Ufficio Assistenza Legale Gratuita di Ossigeno, che opera in collaborazione con MLD, ha concesso al giornalista di Genova un contributo in denaro a parziale copertura delle spese sostenute. Lui ha rilasciato la seguente dichiarazione

Ricordo bene quella telefonata ricevuta il 23 maggio del 2019, dopo che la polizia mi aveva preso a manganellate, spappolandomi due dita e spaccandomi una costola, mentre per La Repubblica seguivo la manifestazione antifascista in piazza Corvetto a Genova contro CasaPound. “Sono Alberto Spampinato di Ossigeno. Come stai? Vorrei farti sapere che siamo al tuo fianco”. L’associazione Ossigeno per l’Informazione ha mantenuto la parola.  Mi aiuterà legalmente nel processo contro i poliziotti che mi hanno pestato e preso a calci solo perché facevo il mio lavoro.

Otto mesi di inferno. Due interventi, le piaghe alla mano, giorni e giorni avanti e indietro in ospedale per la fisioterapia. Non è servito a nulla. Le dita sono rimaste pressoché inutilizzabili, non si piegano più, anche i gesti più semplici, come quelli quotidiani e fondamentali, sono diventati difficili: guidare, aprire una bottiglia d’acqua, aggrapparmi sui mezzi pubblici, allacciarmi le scarpe. Soprattutto scrivere.

Che rabbia se ricordo quel 23 maggio, quando ero stato mandato a documentare la contro manifestazione in piazza Corvetto perché tirava una brutta aria. Genova Antifascista aveva deciso di protestare in migliaia contro la decisione della prefettura di autorizzare un banchetto di CasaPound in vista delle elezioni europee, nonostante la tensione in città e i pericoli per l’ordine pubblico. La polizia ha zittito le proteste prima con un fitto lancio di lacrimogeni, poi caricando i manifestanti.  Io non ero lì per caso, ma per documentare e informare per il quotidiano La Repubblica. Quando ho notato che la polizia stava arrestando un ragazzo buttandolo a terra, bloccandolo con le manette a faccia in giù, mi è tornato in mente il G8. Dopotutto piazza Corvetto sembrava un’immagine delle tante piazze di quei giorni del 2001: fumogeni, la gente che scappava terrorizzata, che si rifugiava nei negozi. Improvvisamente, mentre ero immobile e osservavo la scena del fermo di quel ragazzo, un drappello di poliziotti si è diretto verso di me alzando i manganelli. “Sono un giornalista, sono un giornalista “, ho gridato più volte. Dicono di non aver sentito. Un colpo alla gamba, la spinta da dietro per farmi cadere. E poi botte, sulla testa, ai fianchi. Calci alla schiena, ovunque.  Colpi fotografati e documentati. La verità. “Basta, basta”, gridavo mentre mi chiudevo a guscio perché non riuscivo più a sopportare il dolore. Invece, ancora colpi. Secondi interminabili. Un vero e proprio pestaggio. Ero sfinito. Sentivo un dolore fortissimo alla schiena e alle spalle. D’istinto mi sono coperto la testa con le mani per ripararmi dai colpi degli agenti del Reparto Mobile di Bolzaneto, quello dei fatti dei G8. Nessuno di loro ha sentito che urlavo “sono un giornalista”, ma solo un ufficiale che mi conosce da vent’anni ha riconosciuto la mia voce e si è gettato su di me per proteggermi. “Fermi, è un giornalista!”. Poi la corsa in ospedale, il ricovero, i due interventi per cercare di recuperare la funzionalità delle dita.

E’ passato un anno e quattro mesi. Ora inizia il processo. L’avvocato Andrea Di Pietro mi assisterà legalmente per Ossigeno, che si costituirà parte civile e con un bonus mi aiuterà a sostenere le spese. Ossigeno tutela i diritti dei giornalisti, si schiererà non solo contro la polizia ma lo Stato, che ha dimenticato quel 23 maggio. ASP

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