Guerra di Gaza. L’Europa sanzioni Israele contro il massacro di civili e giornalisti
Da un anno Ossigeno e 60 organizzazioni di vari paesi chiedono all’Unione Europea di protestare sospendendo l’accordo di associazione con Tel Aviv
OSSIGENO – 21 maggio 2025 – Ormai tutti chiedono a Israele di fermare il massacro dei civili e la strage di giornalisti nella martoriata Striscia di Gaza. Molti lo chiedevano già un anno fa: chiedevano alle organizzazioni internazionali di sanzionare le autorità di Tel Aviv per evidente e continuativa violazione dei diritti umani a danno della popolazione palestinese.
“L’ Europa deve agire, deve prendere provvedimenti contro le uccisioni senza precedenti di giornalisti da parte delle autorità israeliane e altre violazioni della libertà di stampa”, ha chiesto, già ad agosto del 2024, Ossigeno per l’Informazione ai vertici della Commissione Europea e ai ministri degli Esteri dei Paesi membri. Ossigeno lo ha chiesto con la lettera aperta firmata insieme a sessanta organizzazione internazionali di giornalisti e difensori della libertà di stampa, inviata a Josep Borrell, Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza fino a novembre 2024. Quel documento espone i dati della strage di giornalisti e chiede all’UE di contestare a Israele, in relazione ad esse, gravi e ripetute violazioni dei suoi obblighi in materia di diritti umani e di diritto internazionale umanitario. “Queste violazioni dovrebbero comportare la sospensione dell’accordo di associazione UE-Israele e ulteriori sanzioni mirate da parte dell’UE nei confronti dei responsabili”.
La lettera aperta è tuttora senza risposta. Intanto la strage di civili e di giornalisti è proseguita, con episodi di particolare gravità che hanno riacceso periodicamente l’indignazione pubblica e hanno riproposto la necessità di interventi e reazioni contro le autorità israeliane.
Nel frattempo, secondo i calcoli prudenziale del Committee to Protect Journalists (Cpj, uno dei firmatari della lettera aperta), il bilancio delle uccisioni di giornalisti aa Gaza si è fatto ancora più tragico: dall’attacco terroristico di Hamas del 27 ottobre 2023 al 16 maggio 2025 sono almeno 179 i giornalisti uccisi, a Gaza soprattutto ma anche in Cisgiordania, Libano e Israele. Il dettagliato elenco include tutti i giornalisti coinvolti in attività di raccolta di notizie, precisa l’organizzazione: “non è sempre immediatamente chiaro se tutti questi giornalisti stessero seguendo il conflitto al momento della morte – aggiunge l’articolo a supporto del database – ma il Cpj li ha inclusi nel conteggio mentre indaga sulle circostanze”, prevedendone le rimozione nel caso qualcuno risultasse non più attivo al momento della morte o del ferimento. Sempre secondo il Comitato basato a New York, una ventina di questi reporter sono stati vittima di omicidi mirati da parte israeliana, mentre su altrettanti sono in corso accertamenti. Il Cpj ha inoltre verificato che alla stessa data 86 erano i giornalisti in carcere, 93 quelli feriti, due i dispersi.
Intanto, a partire dal primo attacco di Israele in risposta all’attentato terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023, nessun giornalista straniero ha potuto mettere piede nella Striscia se non embedded nell’esercito israeliano. Una situazione inaccettabile, che ha spinto in Italia anche le principali organizzazioni di categoria a prendere posizione: a tutela dunque non solo delle vite umane, ma anche della libertà di informazione. Il Consiglio nazionale dell’Ordine ha votato all’unanimità un documento “per un’ informazione completa sulla Palestina”. “Almeno 40 di questi colleghi – si sottolinea citando uno studio dell’americana Brown University – sono stati uccisi con in mano una penna, un microfono, una fotocamera e indossando il giubbotto con la scritta Press. L’esercito israeliano sta cercando di imporre un blackout mediatico a Gaza, mettendo a tacere i testimoni dei crimini di guerra commessi dalle sue truppe, atti denunciati anche da ong internazionali e da organismi delle Nazioni Unite”. Sulla stessa linea anche un documento dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, che fra l’altro condanna l’accusa di antisemitismo rivolta alla trasmissione “Presa diretta”, la cui testata è attiva nel Lazio, e invita gli altri Ordini regionali a mobilitarsi.
Anche la Fnsi è intervenuta sul tema: “Come giornalisti – ha detto la segretaria generale, Alessandra Costante – abbiamo bisogno di riacquistare quell’oggettività da cronista che aiuta a guardare le cose con la giusta distanza. Questo vale per la guerra in corso nella Striscia di Gaza come per qualsiasi altro conflitto e contesto». E ha annunciato che invierà una terza lettera all’ambasciata israeliana in Italia, per chiedere che venga garantita trasparenza nel racconto di quanto avviene nella Striscia. L’occasione per il suo intervento è stata data dall’iniziativa “Gaza, guerra all’informazione” organizzata nei giorni scorsi dall’ Associazione Stampa Romana, guidata da Stefano Ferrante. Qui sono intervenuti anche i due giornalisti di Gaza ai quali era stato appena consegnato a Udine il Premio Terzani alla memoria dei loro colleghi uccisi, nell’ambito del Festival Vicino Lontano: Wael Al Dahdouh e Safwat Al Khalout. Anche il Festival del giornalismo di Ronchi dei Legionari (Gorizia) assegnerà, il 15 giugno, l’ottavo Premio Daphne Caruana Galizia alle giornaliste e ai giornalisti palestinesi di Gaza e della Cisgiordania. Il 19 maggio è stata organizzato un altro evento nella sede dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, promosso da Controcorrente Lazio, Articolo21 e Amnesty International .
Ma le gravissime responsabilità di Israele nel massacro di Gaza non devono oscurare anche quelle di Hamas, che governa la Striscia e i cui atti hanno scatenato quest’ultima guerra, nel violare la libertà di stampa. I colleghi di Gaza sono infatti costantemente attaccati anche da Hamas, come racconta un recente articolo comparso sul sito dello stesso Cpj e intitolato “I giornalisti di Gaza parlano delle intimidazioni, delle minacce e degli assalti di Hamas”. Molti di questi casi – si legge su Valigia Blu che riprende il pezzo – sono stati documentati dal Sindacato dei giornalisti palestinesi (Pjs), senza renderli pubblici per paura di ritorsioni. A volte il sindacato viene a conoscenza di queste storie tramite informazioni di seconda mano e non dalle persone direttamente coinvolte perché i giornalisti hanno troppa paura di denunciarle. Al rischio di perdere la vita e alle difficoltà di svolgere il loro lavoro nella condizione di sfollati condivisa con tutta la popolazione di Gaza, che da due mesi non ha accesso ai beni umanitari bloccati da Israele, i giornalisti palestinesi sono dunque soggetti anche agli attacchi che giungono da Hamas. LB
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