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Harlem Desìr, 121 giornalisti in carcere nell’Osce

 I dati forniti dal Rappresentante per la libertà di stampa alla Conferenza di Varsavia sui diritti umani. L’intervento di Ossigeno

Negli ultimi sette mesi l’Osce è intervenuta in difesa di 121 giornalisti e operatori dell’informazione incarcerati e detenuti nei 53 Paesi membri della stessa Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.

Lo ha sottolineato il Rappresentante Osce per la libertà dei media, Harlem Desìr, intervenuto oggi ad uno dei vari incontri sul tema nell’ambito della Conferenza sui diritti umani dell’Osce (Human Dimensione Implementation Meeting), incontro che raccoglie ogni anno a Varsavia rappresentanti degli stati partecipanti e della società civile. “Viviamo in un’epoca – ha detto Désir – in cui i giornalisti ed i media non solo affrontano le sfide della trasformazione digitale, delle fake news e della disinformazione, ma sono anche assediati da intimidazioni, minacce ed attacchi di tanti tipi”. E se è vero che di recente alcuni giornalisti sono stati liberati in Turchia, Russia ed Ucraina, ha proseguito, molto resta da fare. Perché, quando i giornalisti vengono attaccati, sono a rischio il diritto dei cittadini di essere informati, l’esistenza di uno spazio pubblico per le opinioni critiche e diverse, la possibilità di richiamare quanti sono al potere alla loro responsabilità, e la stessa democrazia. Ma Désir ha anche evidenziato la questione della “sicurezza legale” dei giornalisti, che possono essere ingiustamente processati per estremismo e terrorismo, problemi che “dovrebbero unire la società e non dividerla”, e per accuse di diffamazione infondate.  

Il suo intervento ha evidenziato anche quanto sia complessa la materia della libertà dei giornalisti in campo digitale, con le nuove sfide legate a contenuti estremistici e di propaganda, alla manipolazione delle informazioni, ad un ambiente economico che mette a rischio la sopravvivenza di molti media, a nuove forme di censura su internet  ma anche della stessa Rete, bloccata agli utenti da alcuni poteri statali oppure resa solo parzialmente accessibile con internet nazionali separati. Anche l’accesso a internet è un diritto umano, ha detto Désir, ed è condizione per libertà espressione, che richiede infrastrutture solide che è compito dei governi garantire.  Tuttora molto problematico il campo della gestione dei contenuti potenzialmente pericolosi o offensivi da parte delle grandi piattaforme digitali, ha proseguito il rappresentante Osce per la libertà dei media, con molti interrogativi aperti sulle responsabilità delle aziende che gestiscono i social media nella rimozione dei contenuti illegali e sui confini della libertà di espressione Irrisolti anche nodo come quello della definizione di terrorismo e della stessa libertà di espressione, garantita in misura diversa a seconda dei diversi paesi aderenti. 

Numerose le voci nel dibattito a Varsavia, che chiamano in causa, in particolare, anche Malta e vari Paesi dell’Asia centrale, dal Kazakistan al Tagikistan e all’Uzbeksitan. Con varie organizzazioni della società civile in contrapposizione ai rappresentanti ufficiali dei propri Paesi. Tesi in particolare i confronti tra Usa e Russia sulle questioni aperte dell’Ucraina e della Crimea, ma anche tra diverse organizzazioni della società civile in rappresentanza di queste due realtà. 

 Presenti per l’Italia l’ambasciatore Alessandro Azzoni, rappresentante permanente all’Osce, e Ossigeno per l’Informazione, che gestisce un Osservatorio sulle intimidazioni e le minacce ai giornalisti. Parlando per conto di Ossigeno, e ricordando i circa 4 mila casi segnalati e verificati negli ultimi dieci anni, Luciana Borsatti ha suggerito l’applicazione dello stesso metodo di ‘fact-checking’ anche ad altri paesi democratici, ai fini di una obiettiva panoramica internazionale sulla libertà di informazione. Azzoni, da parte sua, ha evidenziato che nel 2017 è stato creato, presso il ministero dell’Interno, un Centro di coordinamento per il monitoraggio e l’analisi del fenomeno degli atti intimidatori contro i giornalisti. ASP

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