Editoriale

Il caso Cappato e lo spionaggio elettronico dei giornalisti

La denuncia dell’attivista radicale e lo scontro al Parlamento Europeo sull’EMFA per legittimare lo spyware

OSSIGENO 7 settembre 2023 – Persone credibili mi hanno detto che io sono spiato da mesi dai servizi segreti italiani. Voglio sapere dal Governo se può smentirlo, ha detto il 29 agosto 2023 Marco Cappato, uno dei più noti attivisti italiani, difensore dei diritti civili, ex parlamentare radicale e giornalista pubblicista. Lo ha detto in un video pubblicato sui social.

“Chiedo formalmente alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni di verificare – ha dichiarato Marco Cappato – se corrisponda al vero l’informazione a me giunta anonimamente che dal febbraio 2023 sarei sottoposto a captazione informatica del telefono, cioè intercettazione permanente e totale, attraverso Trojan di Stato e che siano in corso intercettazioni con microcimici nelle mie sedi abituali di lavoro e di vita dal marzo di quest’anno”.
Giorgia Meloni non ha risposto. In via informale il sottosegretario Mantovano ha negato qualsiasi intercettazione. Ma la questione rimane aperta. Il Governo dovrà rispondere anche in modo formale, in Parlamento, poiché la domanda di Marco Cappato è stata girata al governo sotto forma di interrogazione parlamentare dall’on. Riccardo Magi.
Non è nuova la protesta di giornalisti, attivisti e politici contro l’abuso dei mezzi di intercettazioni telefoniche e delle comunicazioni telematiche per mezzo di programmi di sorveglianza elettronica. In Italia la questione è stata sollevata episodicamente in merito a singoli episodi, ma non sono finora emersi casi clamorosi come quelli documentati in altri paesi in particolare con l’impiego del programma Pegasus.
Ora però la questione della liceità di questi strumenti di spionaggio è diventata di stretta attualità politica, anche per l’Italia. Al Parlamento Europeo la questione sta infiammando l’iter finale del dibattito per l’approvazione dell’European Media Freedom Act (EMFA). Questa nuova legge europea avrà effetto in tutta l’UE. Il testo attualmente in discussione contiene numerose misure a favore della libertà di espressione ma prevede anche che le autorità dei singoli stati possano utilizzare i programmi di sorveglianza elettronica come Pegasus anche sulle utenze dei giornalisti per esigenze di sicurezza nazionale.
Ossigeno e altre associazioni che difendono la libertà di stampa e di espressione hanno promosso una campagna per convincere i parlamentari europei a eliminare dal testo questa deroga al divieto di utilizzare strumenti di sorveglianza elettronica e di spionaggio violando la riservatezza con cui si svolge l’attività giornalistica.

Il fatto che diversi governi dell’UE abbiano infettato i telefoni dei giornalisti con programmi di spionaggio elettronico usando il pretesto della sicurezza nazionale non può aprire la strada a leggi che legittimerebbero e renderebbero sistematico questo abuso, rendendo impraticabili il giornalismo investigativo e la libertà di stampa, che sono pietre angolare dei valori democratici dell’UE.

L’uso di spyware, afferma un commento di European Digital Rights (EDRi), un’associazione di organizzazioni di tutta Europa impegnate a difesa dei diritti civili e umani, deve essere vietato poiché consente l’accesso a tutte le comunicazioni, foto, contatti e dati sul comportamento online, senza che la vittima lo sappia. Nelle sue osservazioni preliminari sui moderni spyware – aggiunge EDRi, il Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) ha affermato che questo tipo di ingerenza rischia di violare l’essenza stessa del diritto alla privacy. Allo stesso modo, l’ex relatore speciale delle Nazioni Unite sulla promozione e la protezione del diritto alla libertà di opinione e di espressione, David Kaye, si è fatto avanti per chiedere un divieto, affermando: “Nessun governo dovrebbe avere un simile strumento, e nessuna azienda privata dovrebbe essere in grado di vendere tale strumento ai governi o ad altri”. Secondo EDRi, le norme previste dal Parlamento Europeo per impedire gli abusi nell’impiego di questi strumenti, “sono importanti ma non sufficienti” perché “in primo luogo, i casi di spyware nell’UE hanno dimostrato che gli Stati membri possono facilmente aggirare i propri limiti legali e impiegare illegalmente metodi di sorveglianza molto invasivi senza alcun controllo o supervisione. Tuttavia, il testo del Parlamento Europeo si basa sul presupposto che le autorità di contrasto e i servizi di intelligence seguiranno rigorosamente queste linee guida e applicheranno il criterio di “ultima istanza”. Allo stesso modo, il testo prevede che le autorità si astengano dal recuperare materiale giornalistico mentre utilizzano uno dei metodi investigativi o repressivi. Tuttavia, in caso di hacking, ciò non solo è tecnicamente irrealizzabile, ma anche improbabile. Il Comitato PEGA ha ampiamente documentato come le autorità abusano dei loro poteri di sorveglianza una volta che hanno a loro disposizione gli strumenti per farlo”. Leggi il testo integrale di EDRi

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