Leggi e sentenze

Intercettazioni. In parlamento il nuovo giro di vite sulle pubblicazioni

Prosegue il depotenziamento della cronaca giudiziaria come se le notizie giornalistiche fossero solo quelle penalmente rilevanti

OSSIGENO 17 giugno 2023 – di Andrea Di Pietro e Giuseppe F. Mennella – Il 15 giugno il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge sulle intercettazioni proposto dal guardasigilli Carlo Nordio. Non è ancora disponibile il testo per un commento circostanziato, ma abbiamo a disposizione la sintesi diffusa da Palazzo Chigi. Dunque, il disegno di legge:

  • amplia il divieto di pubblicazione del contenuto delle intercettazioni, che viene consentita soltanto se il contenuto è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o è utilizzato nel corso del dibattimento;
  • stabilisce il divieto di rilascio di copia delle intercettazioni delle quali è vietata la pubblicazione, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che tale richiesta sia motivata dalla esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato;
  • afferma il divieto per la polizia giudiziaria di riportare nei verbali di intercettazione i “dati relativi a soggetti diversi dalle parti, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini”;
  • vieta al giudice di acquisire (nel cosiddetto stralcio) le registrazioni e i verbali di intercettazione che riguardino soggetti diversi dalle parti, sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza;
  • stabilisce il divieto per il pubblico ministero d’indicare nella richiesta di misura cautelare, con riguardo alle conversazioni intercettate, i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione. In modo corrispondente, si vieta al giudice di indicare tali dati nell’ordinanza di misura cautelare.

Attualmente, il combinato disposto degli articoli 114 e 329 del codice di procedura penale vieta la pubblicazione pedissequa degli atti di indagine, anche se non più coperti dal segreto imposto dalla fase delle indagini preliminari. Chi non rispetta tale divieto incorre nel reato di cui all’articolo 684 del codice penale: una contravvenzione che può essere estinta mediante oblazione, cioè il pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende il cui importo è deciso dal giudice che procede all’accertamento del reato.

Il meccanismo è esattamente questo per quanto riguarda le intercettazioni in quanto le stesse sono desecretate nel momento in cui vengono messe a conoscenza delle parti destinatarie di un’ordinanza di misura cautelare. Le intercettazioni che non sono poste a supporto della richiesta di una misura cautelare restano coperte dal segreto e quindi non sono pubblicabili nemmeno “in guisa di riassunto”, per citare testualmente il codice di procedura penale.

Qualche anno fa la Corte di cassazione ha affrontato il tema legato ai rapporti tra informazione e intercettazioni stabilendo che una parte modesta di intercettazioni potesse essere comunque pubblicata testualmente senza incorrere nel reato previsto dall’articolo 684 del codice penale in quanto la pubblicazione di una minima parte di intercettazioni poteva essere tollerata dall’ordinamento in ossequio al diritto della collettività a conoscere gli atti processuali posti in essere dalla magistratura in casi giudiziari di rilevanza sociale. In buona sostanza, il diritto di cronaca poteva prevalere sul diritto alla riservatezza quando la porzione di intercettazioni resa nota era contenuta, circoscritta e caratterizzata da uno spiccato interesse pubblico. Il nuovo disegno di legge appare orientato a chiudere definitivamente qualunque forma di tolleranza rispetto alla pubblicazione anche di minime parti di intercettazioni quando non sono secretate ovvero non sono riprodotte dal giudice nella motivazione di un provvedimento che per sua natura è stato portato a conoscenza dell’imputato, così perdendo il suo carattere segreto.

Si deve poi aggiungere che questo provvedimento si pone perfettamente in continuità con la legge sulla presunzione di innocenza che già aveva ristretto di molto la possibilità di attingere da parte della stampa a informazioni giudiziarie direttamente dai magistrati. Questi ultimi infatti non possono più intrattenere rapporti con giornalisti se non passando attraverso canali esclusivamente ufficiali.

Insomma, si completa un disegno che parte da lontano e che ha il fine ultimo di depotenziare la cronaca giudiziaria facendo prevalere il principio secondo il quale si pubblicano soltanto notizie penalmente rilevanti dimenticando che spesso ciò che è penalmente irrilevante è invece giornalisticamente rilevantissimo e può incidere non poco su fattori che attengono all’equilibrio tra i poteri dello Stato, alla politica, agli interessi economici e a tutte quelle dinamiche sociali che anche se penalmente irrilevanti sono idonee a delineare un quadro di interessi e di relazioni in grado di disvelare al pubblico come si sviluppano nella realtà i rapporti di potere. ADP GFM

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