Editoriale

Jan Kuciak. Il giallo delle segnalazioni dall’Italia sulla ‘ndrangheta

Perché il capo della polizia slovacca ha negato di avere ricevuto dai giudici italiani informazioni sulle infiltrazioni della criminalità calabrese?
Sulle indagini in corso in Slovacchia per scoprire i mandanti e gli esecutori dell’assassinio del giornalista Jan Kuciak e della sua fidanzata, siamo di fronte a un giallo politico-giudiziario che si spera sia chiarito al più presto. Il caso è nato il 3 marzo 2018, quando la procura generale slovacca e il responsabile della polizia slovacca, Tibor Gaspar, hanno negato di aver ricevuto, già negli anni scorsi, informazioni dall’Italia sull’attività illegale di esponenti italiani della ‘ndrangheta nell’est della Slovacchia.

Tibor Gaspar ha apertamente contraddetto le dichiarazioni del magistrato italiano Gaetano Paci, procuratore della Repubblica facente funzioni a Reggio Calabria, il quale aveva dichiarato “di avere, già da tempo, posto ufficialmente all’attenzione degli organi di polizia internazionale e della polizia nazionale slovacca, la necessità di monitorare le attività del gruppo dei calabresi fermati in Slovacchia il 1° marzo in relazione al duplice omicidio e rilasciati due giorni dopo”.

Il capo dello polizia slovacca ha aggiunto un dettaglio che sembra contraddire la negazione precedente: “A febbraio 2014 abbiamo chiesto, per scritto e con urgenza, informazioni alla polizia italiana. L’investigatore ha perfino due volte sollecitato la risposta, ma l’abbiamo ricevuta solo a ottobre 2015”. Dunque, le segnalazioni dall’Italia erano arrivate?

Questa e altre circostanze dovrebbero essere chiarite nei prossimi giorni dagli sviluppi delle indagini, alle quali già collaborano l’Fbi ed esperti internazionali, ai quali potrebbero aggiungersi la polizia italiana, l’Europol e Scotland Yard.

Secondo informazioni di stampa, i giudici italiani avevano chiesto di monitorare i movimenti di alcune delle persone arrestate e poi rilasciate. Il magistrato di Reggio Calabria non ha commentato il loro rilascio, ma ha assicurato: “Noi della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria continueremo a indagare su tutti quei gruppi di ‘ndrangheta che operano in Europa tutte le volte che ci sono elementi da approfondire”.

Il sospetto degli inquirenti italiani su persone “appartenenti e collegate a famiglie mafiose di Bova Marina e di Africo Nuovo”, piccole città della Calabria – ha spiegato il 1° marzo il Procuratore Paci – era nato “per l’improvviso esplodere di posizioni di grande valore economico ed imprenditoriale in Slovacchia, di cui erano divenuti titolari: dalle iniziative sulle energie alternative, alle attività agricole e zootecniche”.

“Anche in quel Paese, stando alle prime fasi dell’inchiesta – aveva aggiunto il capo della Dda reggina – emerge, preoccupante, l’affermarsi del ‘modello ‘ndrangheta’, capace di instaurare relazioni collusive con segmenti dell’establishment politico e amministrativo locale e condizionare a proprio vantaggio in maniera distorsiva e determinante in senso negativo i poteri locali nei territori in cui uomini della ‘ndrangheta si riposizionano. Lo abbiamo già evidenziato con le inchieste eseguite nei Paesi del Nord Europa, ne emerge conferma, adesso, dell’espansione della ‘ndrangheta e dei suoi metodi corruttivi nei Paesi dell’est europeo dove, peraltro, non esistono gli stessi strumenti legislativi e le stesse prassi avanzate che abbiamo in Italia per contrastare efficacemente la ‘ndrangheta”.

Alcuni mesi fa, la Direzione Investigativa Antimafia italiana aveva pubblicato una relazione nella quale segnalava la presenza di interessi della ‘ndrangheta in Slovacchia.

“I nuovi sbocchi commerciali determinatisi a seguito della globalizzazione dei mercati – si legge nella relazione della DIA – potrebbero attirare verso alcuni Paesi dell’Est europeo, tra cui la Repubblica Slovacca, le mire espansionistiche delle organizzazioni criminali di matrice italiana, sempre alla ricerca di ‘mercati nuovi’ per poter riciclare proventi illeciti”. In particolare, si sottolinea, lo scambio info-investigativo con gli investigatori slovacchi ha riguardato “società e soggetti collegati a un’organizzazione legata alla ‘ndrangheta, dedita al riciclaggio attraverso transazioni finanziarie all’estero”.

Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro, considerato il massimo esperto delle diramazioni internazionali della ‘ndrangheta, ha definito “verosimile” il coinvolgimento di questa organizzazione criminale nell’eliminazione del giornalista slovacco e della sua compagna.
“La ‘ndrangheta – ha affermato il 1° marzo Gratteri – è radicata, non infiltrata, e non solo in tutta Italia, ma anche in Paesi europei quali Germania e Svizzera e anche nell’Est europeo, oltre che in Slovacchia anche in Bulgaria e in Romania. La ‘ndrangheta si sta estendendo verso l’Est. Va dove c’è potere e denaro da gestire e dove ci sono opportunità. Le mafie stanno acquistando latifondi per piantare vigneti, per piantare colture. Il loro fine è quello di ottenere i contributi europei. Questo fenomeno si verifica sia in Italia che in altri paesi. È un dramma che l’Europa non sia attrezzata sul piano normativo per contrastare le mafie e in particolare la ‘ndrangheta. In Europa, da decenni, l’esistenza della mafia non è nemmeno percepita. Lo prova il fatto che gli Stati europei non vogliono attrezzarsi sul piano normativo, come ha fatto l’Italia, come è necessario per difendersi. Ancora discutono se sia opportuno inserire il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso nel loro ordinamento”.

Questo reato, introdotto nell’ordinamento italiano il 13 settembre 1982, con la legge n. 646, ha fornito alla magistratura uno strumento normativo di estrema efficacia per combattere le organizzazioni mafiose, permettendo di perseguire e punire, oltre agli esecutori dei delitti, anche chi si organizza per commetterli e agisce in modo da garantirsi l’impunità. Inoltre, la legge che ha introdotto questo reato ha permesso di sequestrare e confiscare i patrimoni di provenienza illecita, con risultati di grande importanza.

“L’Europa – ha aggiunto Gratteri – dovrebbe omologare i codici penale e di procedura penale partendo dal sistema instaurato in Italia, escludendo però il sistema detentivo italiano che non funziona bene. Quando si parla di creare una Procura Europea la mia paura è che si vada verso una omologazione al ribasso. Se ciò avvenisse, perderemmo un secolo di antimafia. Io griderò fino a perdere la voce contro un’omologazione al ribasso”.

Nel suo articolo, Kuciak scriveva di quattro famiglie calabresi nell’orbita ‘ndranghetista – Vadalà, Rodà, Cinnante e Catroppa – indicate fra quelle che in Slovacchia farebbero affari poco chiari nei settori agricolo, fotovoltaico, biogas e immobiliare.

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