Editoriale

Perché la voce dei giornalisti non è forte come quella dei magistrati

Fra gli operatori dell’informazione manca l’unità di intenti sui problemi irrisolti e resi più gravi da alcune recenti iniziative legislative

OSSIGENO 1 marzo 2025 – Allo sciopero dei magistrati del 27 febbraio 2024 ha aderito l’80% della categoria. Le correnti di destra e di sinistra Sono scese in piazza insieme e hanno partecipato anche giudici e procuratori meno interessati alle attività sindacali dell’ANM. Hanno protestato tutti insieme, uniti dalla convinzione che la modifica costituzionale per separare le carriere dei giudici e dei pubblici ministeri sia dannosa per il loro lavoro e per i cittadini che si rivolgono alla giustizia. 

La protesta non è stata sterile. Governo e maggioranza stavano marciando spediti verso l’approvazione del progetto di legge, incuranti delle critiche dei magistrati. Dopo lo sciopero hanno detto: va bene, parliamone. Onore dunque al senso civico, allo spirito unitario e al coraggio dei magistrati di imbracciare la Costituzione. 

Il loro esempio mostra che di fronte a proposte di riforma che danneggiano tutti, anche al giorno d’oggi è possibile protestare pubblicamente ed è utile se si riesce a trovare l’unità su un obiettivo comune all’interno di categorie composite.. 

I giornalisti, essendo danneggiati da riforme (alcune attuate e altre in corso) che compromettono la possibilità di svolgere il loro lavoro e il diritto dei cittadini di essere informati, dovrebbero cercare di seguire l’esempio dei magistrati, costruendo un’unità di intenti che al momento non c’è, aprendo una discussione pubblica sui problemi del giornalismo e della libertà di informazione e su come certe iniziative legislative che stanno riducendo lo spazio dell’informazione.

I problemi sono numerosi, giacciono irrisolti da anni e si sono recentemente aggravati, come ha certificato a luglio 2024 anche il Rapporto della Commissione Europea sullo Stato di Diritto. Questo Rapporto, che  ha rivolto all’Italia numerose raccomandazioni sulle cose da fare, finora è stato ignorato dai decisori politico. Queste raccomandazioni sono cadute nel vuoto, come molte altre che le hanno precedute. L’Italia fa orecchio da mercante. E intanto ai vecchi problemi se ne sono aggiunti di nuovi.

Adesso la Commissione UE sta preparando il Rapporto 2025. Oltre ad aggiornare l’elenco delle vistose inadempienze e a denunciare ulteriori arretramenti sul fronte della libertà di espressione, cercherà di capire perché le proteste dei giornalisti non sono forti e corali quanto quelle dei magistrati. ASP

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