Ossigeno per l’Informazione esprime solidarietà allo scrittore Roberto Saviano per la querela per diffamazione a mezzo stampa annunciata il 19 luglio 2018 dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini nei suoi confronti per le critiche che ha rivolto al ministro e alle sue iniziative politiche su facebook e in dichiarazioni ai giornali.

Per formulare un giudizio più preciso, come facciamo sempre, attendiamo di leggere il testo della querela. Intanto, stando alle anticipazioni che ha dato lo stesso ministro, sembra evidente che questa sia una delle cinquemila e passa querele presentate ogni anno in questo paese forzando il diritto inculcabile di rivolgersi a un giudice per difendere la propria reputazione. Questo diritto è sacrosanto ma deve essere esercitato su precisi presupposti di fatto e di diritto.

Purtoppo nella maggior parte dei casi (intendiamo nove volte su dieci) invece si querela per fare rumore, o per esercitare una pressione intimidatoria sul destinatario, per punirlo facendogli spendere soldi (che non riavrà) per difendersi in tribunale. A volte, non di rado, addirittura si fà querela soltanto per smentire pubblicamente qualcosa con il suggello di un atto giudiziario.

Questa sembra proprio una delle tantissime querele strumentali che circolano e perciò sia destinata ad essere archiviata, fra un paio d’anni, perché il fatto non costituisce reato. Bisogna sapere che ogni anno nascono e finiscono così oltre cinquemila querele: nove su dieci.

Accade che il giudice, quando finalmente ha il tempo di esaminarle, le cestini, stabilendo con una ennesima sentenza che in Italia è pienamente legittimo esercitare il diritto di espressione, che è legittimo anche formulare critiche aspre su un personaggio politico e di governo di primo piano. È legittimo in quanto previsto dalla Costituzione e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. È necessario permetterlo perché diversamente non ci sarebbe un dibattito pubblico degno di un paese democratico.

La normativa italiana in questa materia è arcaica, arretrata, punitiva nei confronti dei giornalisti (lo ricordiamo al Governo e al Parlamento affinché la ammmodernino, finalmente), ma per quento sia canagliesca non ammette queste forzature. Almeno finora non l’ha permesso.

È anche vero che finora i ministri dell’Interno che hanno preceduto Salvini alla guida del Viminale si sono ben guardati, sempre, dal fare dichiarazioni polemiche sui giornalisti sotto scorta, anche su quelli che hanno criticato l’operato del governo. Si sono astenuti dal rilasciare ai giornali dichiarazioni che potessero lasciar intuire, sia pure con espressioni ambigue e allusive l’ipotesi di privarli della scorta. Sembra che Salvini invece lo abbia fatto quando ha reagito alle critiche di Saviano. Dica se ora con la querela intende soltanto smentire nel modo più categorico questa interpretazione. Lo dica chiaramente e la ritiri. Tutti ne prenderemo atto senza mettere in dubbio la sua intenzione. E allo stesso tempo, ritirandola, anch’egli prenda atto che le querele non sono una forma più energica di smentita, sono strumenti giuridici molto seri che producono effetti concreti: le querele strumentali o improprie fanno girare la macchina della giustizia a vuoto e a volte anche all’incontrario.

ASP

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