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Abuso del processo. Ceccherini condannato a Firenze

Aveva chiesto quasi un milione di euro di danni al giornalista Claudio Gatti e al gruppo GEDI

OSSIGENO 25 aprile 2023 – Il 1° marzo 2023 il Tribunale di Firenze ha condannato l’editore Andrea Ceccherini e l’Osservatorio Permanente Giovani Editori (di cui è presidente e rappresentante legale) per avere abusato del processo civile in una causa per risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa promossa contro GEDI e i giornalisti coinvolti, tutti difesi dagli avvocati Virginia Ripa di Meana e Alessandra Piana.

La sentenza della seconda sezione civile del Tribunale di Firenze, emessa dalla giudice Susanna Zanda, gli impone di indennizzare i giornalisti e l’editore, ai quali aveva fatto causa, chiedendo quasi un milione di euro di danni. Andrea Ceccherini ha presentto ricorso contro la condanna.

Intanto oltre a rimborsare le spese legali sostenute dagli accusati, deve versare loro – come ha già fatto – la somma complessiva di 42 mila euro, ai sensi dell’articolo 96 comma 3 del codice di procedura civile, che prevede la responsabilità aggravata per chi “ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave”.

ABUSO DEL PROCESSO – L’applicazione di questa norma è di grande interesse per il mondo del giornalismo, poiché la condanna per abuso del processo è un tipo di sanzione che, se fosse applicata con maggiore costanza dai giudici, potrebbe efficacemente scoraggiare il ricorso alle cause promosse contro  giornali e giornalisti senza fondato motivo, cause che in inglese sono significtivamente chiamate “cause contro la partecipazioen pubblica” (Slapp, Strategic Lawsuit Against Public Participation). In Italia sono rare le condanne per abuso del processo emesse per cause risarcitorie che hanno avuto come vero obiettivo quello di limitare o indebolire la libertà di espressione dei giornalisti.

I FATTI – La sentenza del 1° marzo 2023 del giudice di Firenze riguarda un processo promosso da Ceccherini nel 2018 per contestare alcuni articoli in cui gli autori riferivano dati secondo i quali la sua attività e quella dell’Osservatorio Permanente Giovani Editori non avevano conseguito l’obiettivo dichiarato di aumentare la lettura dei quotidiani da parte dei giovani, risultando questi lettori diminuiti.

Si tratta delle seguenti pubblicazioni: l’articolo di Claudio Gatti “Ma chi è quel signore vicino ad Andrea Ceccherini” pubblicato il 16 marzo 2018 sul settimanale Il Venerdì di Repubblica e anticipato il giorno precedente da un lancio sul quotidiano La Repubblica nonché pubblicato nel sito web rep.repubblica.it; l’articolo in inglese di Claudio Gatti “Is Ceccherini a fraud? Is This Man Going to Spearhead a World-Wide Battle Against Fake News? Or Is it Fake News?, pubblicato nel sito web Grado Zero Blog il 16 marzo 2018; e l’articolo “Le ‘Stranezzede lOsservatorio Giovani Editori Spiegate Bene di Pier Luca Santoro pubblicato nel sito web www.datamediahub.it il 20 marzo 2018.

Già in primo grado l giudice aveva respinto le richieste di Andrea Ceccherini

LA MOTIVAZIONE – Ora la giudice di Appello ha motivato la sua decisione affermando che la richiesta di Andrea Ceccherini di condannare per diffamazione gli accusati “è risultata infondata e anche espressione di abuso del processo. Si rileva infatti – ha aggiunto – che tutti i fatti narrati nel brano di inchiesta giornalistica non sono stati contestati nel loro contenuto essenziale e le piccole discrasie che sono emerse come ad es. il lancio del progetto delle fake news in luglio 2017 invece che nel 2016, sono irrilevanti nell’economia del brano a supportare un giudizio di ‘falsità‘ della notizia. Il brano è risultato essere effettivamente il frutto di un’articolata ricerca/inchiesta giornalistica condotta dal dott. Claudio Gatti e dedicata dichiaratamente all’approfondimento critico del fenomeno imprenditoriale rappresentato dall’Osservatorio e del suo promotore e leader – fondatore Andrea Ceccherini. Il giornalista ha manifestato la propria legittima critica in relazione ad una serie di anomalie – non contestate dagli attori – che hanno caratterizzato l’attività dell’Osservatorio Permanente Giovani Editori e del suo leader, snodo da anni fra grandi editori nazionali, colossi internazionali (compresi i nuovi giganti tech californiani) ed i maggiori gruppi bancari come Intesa, UniCredit, Ubi e Mps (partner per i programmi di educazione finanziaria)”.

Dopo avere contestato altre affermazioni accusatorie, la giudice Zanda conclude che la causa promossa da Andrea Ceccherini “non mira a contrastare la diffusione di notizie false negative, ma mira solamente a censurare un giudizio critico e negativo espresso sull’agire degli attori (i giornalisti e l’editore accusati, ndr), un agire che proprio perché riguardante le scuole pubbliche italiane e i personaggi pubblici promotori, riveste un’indubbia rilevanza pubblica; l’azione proposta contro i giornalisti, l’editore e il direttore di Repubblica è dunque risultata palesemente infondata e temeraria, come ripetutamente eccepito dai convenuti, ciò che determina l’applicazione dell’art. 96 comma 3 c.p.c. con condanna dei convenuti al doppio delle spese legali a titolo di indennizzo per abuso del processo, trattandosi di un’azione che poteva essere evitata usando la normale diligenza; inoltre si deve tener conto dell’eccessività della pretesa, tenuto conto che qualora la domanda fosse stata fondata, sarebbe spettato agli attori un importo massimo di euro 50 mila, e non le centinaia di migliaia di euro pretese in conclusioni, completamente al di fuori dei limiti del danno tabellato nelle tabelle milanesi; si pensi che per la morte di un figlio si giunge ad una liquidazione di circa 300 mila euro e per la diffamazione si prevede un massimo di 50 mila. L’accertamento della responsabilità aggravata – conclude il giudice – discende esclusivamente da atti o comportamenti processuali concernenti il giudizio nel quale la domanda viene proposta, quali, ai sensi del comma 1, l’aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave o, per quanto riguarda il comma 3, l’aver abusato dello strumento processuale”.

ASP

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