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Avola. 4 condannati per lettera diffamatoria contro Paolo Borrometi inviata a Mattarella

Sono un avvocato e i figli di un boss mafioso – Multa e risarcimento e spese legali – Offesero il giornalista e suo padre

OSSIGENO 28 febbraio 2025 – Il Tribunale di Roma ha condannato l’avvocato e consigliere comunale di Avola (Siracusa) Antonino Campisi insieme a Desirée, Aurelio e Rosario Crapula, figli di Michele, un boss locale, per diffamazione nei confronti del giornalista Paolo Borrometi, condirettore dell’Agi, e di suo padre, il defunto avvocato Antonio Borrometi. Il pm aveva chiesto 258 euro di multa per tutti gli imputati. Il giudice, riconoscendoli colpevoli dei capi d’accusa, ha aumentato la multa a 400 euro e li ha condannati anche a risarcire le parti civili e a pagare le spese legali. L’avvocato Campisi ha annunciato che ricorrerà in appello contro la sentenza di primo grado.

I FATTI – Il 13 maggio 2017, l’avvocato Campisi inviò una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al ministro dell’Interno e al ministro dell’Istruzione, contestando gli articoli d’inchiesta del giornalista sul sito di notizie ‘la Spia’ e, secondo il pm, offendendo la reputazione dello stesso cronista e del padre. Paolo e Antonio Borrometi querelarono e si costituirono parte civile.

Per l’avvocato Alessandro Vitale del Foro di Roma, che ha assistito il giornalista e suo padre, si tratta della giusta conclusione di un lungo processo che conferma come Paolo Borrometi, per le sue inchieste, sia vittima di un vero e proprio ‘mascariamento’, cioè di tentativi di sporcare la sua reputazione. “La sentenza reputa diffamatorio anche un passaggio della missiva scritta dall’avvocato Campisi e dai suoi clienti nei confronti del compianto avvocato Antonio Borrometi – ha affermato l’avvocato Vitale – che aveva improntato tutta la sua vita al rispetto della legalità e che ora ha avuto giustizia”.

“Mio padre mi ha insegnato ad andare avanti, anche con il dolore personale per quelle infamie che riceveva per “colpa” delle mie inchieste giornalistiche – ha detto con amarezza Paolo Borrometi -. Gli avevo promesso che avrebbe avuto giustizia: l’ha avuta!”. LT

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