Giornalisti minacciati. Vera Jourova (UE) promette più fondi per aiutarli in tutta Europa

Irene Khan, rappresentante speciale ONU: la stampa locale si sta spegnendo – Le osservazioni di Ossigeno sui primi risultati di MFFR

OSSIGENO 21 marzo 2021 Occorre “garantire la sicurezza dei giornalisti” e occorrono ulteriori finanziamenti europei per sostenere il loro lavoro, ha detto Vera Jourova, vice presidente della Commissione europea, responsabile dei “Valori e Trasparenza”. Irene Khan, avvocatessa bengalese,  rappresentante speciale dell’Onu per la libertà di espressione e di opinione, prima donna a ricoprire questo mandato al Palazzo di Vetro, ha parlato della repressione attuata in molti paesi anche in tempo di pandemia e delle leggi “che in molti Paesi hanno chiuso la bocca a giornalisti che cercavano la verità”. Questi interventi hanno  aperto, il 17 marzo 2021,  i lavori del seminario online promosso da ECPMF (Centro Europeo per la Libertà della Stampa e dei Media) che ha sede a Lipsia (Germania) per presentare i risultati del primo anno di lavoro di MFFR (Media Freedom Rapid Response), il nuovo sistema di rapida allerta finanziato dalla Commissione Europea, che in un anno ha rilevato 378 minacce nei confronti di giornalisti in 29 Paesi europei. Nel corso del seminario, Ossigeno per l’Informazione ha definito deludente questo risultato, paragonandolo le 378 minacce rilevate in 29 paesi alle varie centinaia di episodi analoghi documentati nello stesso periodo nella sola Italia dall’Osservatorio Ossigeno (che non si avvale di finanziamenti europei) e dallo stesso Ministero dell’Interno. LEGGI in dettaglio le osservazioni di Ossigeno.

Nel suo intervento, Vera Jourova, che nella precedente Commissione europea ha lavorato per Giustizia, Consumatori e Uguaglianza di Genere, ha promesso ulteriori finanziamenti europei per sostenere il sistema europeo di allerta rapida.

Irene  Khan, ex giornalista, ex segretaria generale di Amnesty International e ancor prima impegnata con l’UNHCR (l’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Onu), ha detto che in molte parti del mondo “il giornalismo è trattato come una professione da criminalizzare”. Ad esempio, la giornalista filippina Maria Ressa, fondatrice di “The Rappler”, sorvegliata speciale dalle autorità politiche del suo paese, ha detto, “ha tali e tante denunce a suo carico che, se condannata, rischia di trascorrere cento anni in carcere”.

Ha poi ricordatolo lo choc causato in Europa dall’assassinio a Malta di Daphne Caruana Galizia (2017) e in Slovacchia di Jan Kuciak (2018), e le leggi restrittive della libertà di stampa recentemente approvate in Polonia e Ungheria e i divieti posti in Spagna alla ripresa e pubblicazione di fotografie di agenti di polizia in azione e altre misure che hanno compresso la  libertà di espressione. Ha poi parlato dell’uso delle “fake news” contro i giornalisti, delle notizie false pubblicate per screditare il loro lavoro. “Una storia falsa ripetuta più volte alla fine diventa un fatto”, ha detto citando parole di Maria Ressa. Ha aggiunto che in tutto il mondo ci sono giornalisti vittime della disinformazione. Intanto, anche a causa delle pressioni economiche, la voce della stampa locale si sta spegnendo.

Ha concluso invitando l’Unione Europa a fare di più “per proteggere il diritto di sapere”, per combattere il linguaggio dell’odio, per sconfiggere ogni forma di censura,2 per difendere i diritti specialmente delle donne che sono doppiamente a rischio”.

Yannis Kotsifos, presidente di Ecpmf, ha detto che i giornalisti europei dovrebbero aiutare di più i loro colleghi di altre parti del mondo.

MLF

 

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