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Il caso Ilaria Capua. Archiviata la querela a Lirio Abbate

Per il giudice di Velletri ha fatto una “fedele ricostruzione delle risultanze investigative”. Ancora da stabilire la pubblicazione arbitraria di atti penali

Nell’aprile 2014, con la pubblicazione dell’inchiesta “Trafficanti di virus”, l’Espresso non diffamò la virologa e parlamentare Ilaria Capua, che per quell’articolo ha querelato Lirio Abbate e l’allora direttore del settimanale Luigi Vicinanza. Lo ha stabilito il giudice del tribunale di Velletri con la decisione di archiviare il procedimento, adottata il 6 marzo 2018. Rimane sub iudice invece l’accusa di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, l’altra contestazione mossa dalla virologa ad Abbate e Vicinanza . Per questo reato il Gip ha restituito gli atti al Pm.

La procura della Repubblica, dopo aver esaminato gli atti processuali e la documentazione prodotta dalla difesa di Abbate, sostenuta dall’avvocato Paolo Mazzà, ha chiesto al gip l’archiviazione del procedimento. Decisione alla quale si è opposta la dottoressa Capua, assistita dall’avvocato Giulia Bongiorno. Il giudice ha rigettato il ricorso, affermando che «il testo dell’articolo è una fedele ricostruzione delle risultanze investigative acquisite dalla procura della Repubblica di Roma e che non è una semplice invettiva personale ai danni della Capua, dato il concreto interesse della collettività a conoscere tale vicenda ad alto impatto sociale», si legge nella motivazione.

Il giudice, facendo riferimento alla copertina del settimanale che illustrava la notizia dell’indagine giudiziaria, ha inoltre ritenuto che «i termini, le frasi e le immagini utilizzate (l’uomo, che protetto da un complesso scafandro, sposta i pacchi contrassegnati dal simbolo indice di presenza di un pericolo biologico, utilizzo di titoli e sottotitoli quali: “Trafficanti di virus”, “accordi tra scienziati e aziende per produrre vaccini”, “ceppi di aviaria contrabbandati per posta rischiando di diffonderli”) siano artifizi e mere enfatizzazioni letterarie, impiegati per una personale ma fedele ricostruzione dei fatti, senza avere un carattere denigratorio e lesivo alla reputazione della querelante».

Nell’inchiesta del 2014 Abbate aveva reso noto che la dottoressa Capua era indagata da sette anni (leggi) per tentata epidemia, corruzione, associazione per delinquere. La notizia dell’indagine in corso era vera. Solo due anni dopo, il 5 luglio 2016, il Gip del Tribunale di Verona ha prosciolto la scienziata, dichiarando i reati prescritti. Quel proscioglimento creò una vivace polemica nel mondo dell’informazione anche perché, alcuni giorni prima di quella sentenza, Ilaria Capua si era dichiarata vittima della “macchina del fango” e aveva perciò deciso di lasciare l’Italia e di dimettersi dal Parlamento (era stata eletta alla Camera dei Deputati nel 2013),  per trasferirsi in Florida dove le avevano appena offerto un prestigioso incarico. In seguito a questo annuncio, alcuni giornalisti autorevoli, in particolare dalle colonne del Corriere della Sera e de Il Foglio, puntarono il dito contro Lirio Abbate e contro l’Epresso.

La vicenda è ricostruita in questo Dossier di Ossigeno.

Leggi il commento sulla vicenda.

RDM

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