Questo episodio rientra tra le violazioni verificate da Ossigeno per l'Informazione

Violazioni verificate

Palermo. Salvo Palazzolo e il rischio di fare domande impugnando una telecamera

Da una intercettazione pubblicata il 17 luglio 2019 ha appreso che un boss aveva detto al telefono: “Due colpi di legno glieli avrei dati” e la sua protezione era stata rafforzata

OSSIGENO 22 Luglio 2019 –

L’intercettazione della telefonata nella quale Benedetto Gabriele Miltello e Tommaso Inzerillo (entrambi arrestati a Palermo il 17 luglio 2019, nell’operazione antimafia della polizia) esprimevano risentimento nei confronti del cronista di Repubblica, Salvo Palazzolo, dimostra ancora una volta quanto sia complicato e rischioso fare giornalismo in una terra dove la mafia – con la sua forza intimidatrice – rende imperscrutabili, inaccessibili a qualsiasi domanda alcune persone e i fatti che li riguardano.

I due arrestati avrebbero infatti voluto punire il giornalista di Repubblica Salvo Palazzolo per avere infranto questo divieto implicito. Come? Facendo ciò che dovrebbe essere doveroso per qualsiasi cronista: fare domande. Palazzolo era andato nel quartiere palermitano di Passo di Rigano, a intervistare Tommaso Inzerillo (uno dei 19 arrestati poi, il 19 luglio), presentandosi nel suo negozio munito di telecamera, chiedendogli perché incontrava il capomafia Settimo Mineo, l’anziano della ricostruita cupola di Cosa Nostra. Quella visita del 5 dicembre 2018 era stata considerata alla stregua di un’incursione in un territorio proibito.

Francesco Inzerillo si era limitato a rispondere con diversi: “Non lo so “.

Il giorno dopo, un altro Inzerillo, Tommaso (cugino di Francesco) e Benedetto Gabriele Militello parlavano al telefono dell’accaduto e Militello commentava: “E certo… non per cosa… però certo due colpi di mazzuolo gli avrei dato… Due colpi di legno glieli avrei dato. Tanto che mi può fare? Che ci possono fare?».

La telefonata era stata intercettata. Gli inquirenti avevano subito avvertito il Prefetto che, consultato il comitato provinciale per l’ ordine pubblico e la sicurezza, aveva disposto un rafforzamento della vigilanza disposta a protezione del giornalista.

Salvo Palazzolo ha saputo cosa pensavano i boss della sua visita a Passo di Rigano soltanto sette mesi dopo, il 17 luglio 2019, quando il contenuto dell’intercettazione è stato reso pubblico, dopo che la squadra mobile di Palermo, a conclusione delle indagini, ha eseguito 19 arresti a Palermo e decine di perquisizioni negli Stati Uniti fra gli appartenenti alle famiglie mafiose Gambino e Inzerillo.

Dopo quella incursione giornalistica nel negozio di Inzerillo, Palazzolo – a maggio 2019 – aveva pubblicato sulle pagine della cronaca di Repubblica Palermo un’inchiesta sul tesoro che la famiglia Inzerillo avrebbe accumulato con il traffico di droga internazionale. Quesgli articoli non erano piaciuti ai boss. In un’altra conversazione intercettata, Tommaso Inzerillo, si era lamentato di essere finito di nuovo sul giornale. “Però, come parlano, anzi come parlano ieri – aveva commentato – non hanno parlato mai, diciamo”.

Non è la prima volta che il cronista finisce nel mirino dei clan a causa delle sue inchieste. A lui hanno espresso solidarietà la redazione e il cdr di Repubblica, la Fnsi, l’Assostampa e l’Unci siciliane e Ossigeno per l’Informazione.

RDM

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