Napoli, confermata in appello la condanna al camorrista che minacciò Maria Bertone
‘Quando esco ti sparo in bocca’, scrisse dal carcere alla direttrice di ‘Cronache’ – Giovanni Cellurale, del clan dei Casalesi, sconta già l’ergastolo per omicidio
OSSIGENO 22 ottobre 2025 – La I Sezione Penale della Corte d’Appello di Napoli, presieduta da Daniela Critelli, il 9 ottobre 2025 ha confermato la condanna a 18 mesi di reclusione nei confronti di Giovanni Cellurale, l’uomo che rivolse minacce di morte alla giornalista Maria Bertone, direttrice dei quotidiani Cronache di Napoli, Cronache di Caserta e del sito cronachedi.it.
Giovanni Cellurale sta già scontando una condanna all’ergastolo per omicidio legata alla sua appartenenza al clan dei Casalesi. Ad agosto 2021 aveva inviato, dal carcere, una lettera in redazione a Maria Bertone, dove scriveva: “Sai ti stavo pensando. Spero di vero cuore che al più presto uscirò, così ti faccio saltare in aria. […] se qualcuno esce prima di me ti deve sparare 10 colpi tutti in bocca, a te e a tutta la tua razza di merda. […] Ti giuro che il giorno che uscirò ti vengo a sparare in bocca”.
In primo grado il 51enne di Aversa era stato condannato a un anno e sei mesi di reclusione per il reato di minacce aggravate dal metodo mafioso. La sentenza era stata pronunciata dalla Corte d’Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), presieduta da Luciana Crisci, che aveva accolto la richiesta di condanna formulata dal pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Fabrizio Vanorio (vedi Ossigeno). Nel processo civile e penale Maria Bertone, che si è costituita parte civile, è stata assistita dall’avvocato Gennaro Razzino. Costituiti parti civili anche la cooperativa Libra, editrice dei quotidiani Cronache, e l’Ordine dei Giornalisti della Campania, presieduto da Ottavio Lucarelli.
A Ossigeno la giornalista conferma quanto scritto in un editoriale dopo la condanna in appello di Cellurale. “Questa sentenza è simbolica di una vittoria collettiva, segnala che lo Stato è presente e riconosce la gravità di un gesto mafioso che tenta di colpire al cuore la libertà di stampa. Non restituisce la serenità, ma fa certamente giustizia, per me e per tutti noi che crediamo nella libertà di informare e di essere informati – ci ha detto Maria Bertone -. Le minacce volevano intimidire chi, come me, lavora per raccontare fatti scomodi, verità difficili, storie che a qualcuno conviene restino nell’ombra. Ma la paura, se la riconosci e la guardi in faccia, può diventare forza. Quella che ho trovato nel mio lavoro, nella mia redazione, e nei tanti colleghi che non si sono voltati dall’altra parte. Nessuno può permettersi di imbavagliare l’informazione, di zittirla con la minaccia, con la violenza o con l’arroganza di chi crede che il potere criminale valga più della verità. Bisogna avere il coraggio di denunciare sempre, perché il silenzio è il vero bavaglio”. LT


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