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Processo Rocchelli: la Corte rivela intimidazioni a un’interprete e chiede di indagare

OSSIGENO – MILANO 1 OTTOBRE 2020 – Disposta la trascrizione integrale di una intercettazione di 59 minuti in cui il condannato in primo grado direbbe fra l’altro “Abbiamo fottuto un reporter” – Il Ministro degli Interni ucraino: Markiv è nostro cittadino – La famiglia Rocchelli: fiducia massima nella magistratura

Fra le prove del processo d’appello ai responsabili della morte del fotoreporter Andrea Rocchelli sarà inserita la frase dell’imputato Vitaly Markiv  registrata in carcere con una intercettazione ambientale nel 2017 durante la sua detenzione, in cui fra l’altro affermerebbe: «Abbiamo fottuto un reporter ma lui era…». La Corte d’assise d’Appello di Milano, presieduta da Giovanna Ichino, ha accolto la richiesta in tal senso formulata dalla pubblica accusa, rappresentata dal sostituto procuratore generale Nunzia Ciaravolo. La frase fu pronunciata dal detenuto il 1° luglio del 2017, mentre si trovava recluso nel carcere di Torre del Gallo, a Pavia. Questa decisione è stata il fatto saliente della seconda udienza tenuta oggi.

I difensori di Vitaly Markiv e il legale rappresentante dello Stato ucraino hanno chiesto e ottenuto che siano trascritti per intero i 59 minuti di intercettazione in cui è inserita questa breve frase. Il resto dell’audio non è stato mai trascritto.

IL COLPO DI SCENA – Su questa mancata trascrizione la Corte ha preso un’altra decisione e l’ha comunicata alle parti in Camera di Consiglio. Ieri fuori dall’udienza, La Corte ha verbalizzato la testimonianza di una donna che ha parlato di una telefonata intimidatoria ricevuta nel 2019 dai familiari dell’interprete incaricata di trascrivere quella intercettazione per il processo di primo grado. Oggi la Corte  ha deciso di trasmettere il verbale alla Procura affinché valuti l’apertura di un’indagine ipotizzando il reato di minacce nei confronti dell’interprete. La telefonata minatoria sarebbe arrivata dopo l’udienza dell’8 febbraio 2019 del processo di primo grado a Pavia. Quel giorno la Corte d’Assise aveva ascoltate le testimonianze di rappresentanti delle più alte cariche della Guardia Nazionale ucraina. Con questa telefonata minatoria l’interprete avrebbe ricevuto pressioni affinché cambiasse la trascrizione fedele delle intercettazioni ambientali. Questa notizia resa nota oggi in aula giunge a conferma del clima pesante che si respirava durante il processo di primo grado e potrebbe spiegare perché risultava difficoltoso per gli inquirenti trovare interpreti di lingua ucraina disposti ad accettare incarichi. Per tenere alcune udienze fu necessario convocare interpreti da Roma e da Napoli, perché in tutta la Lombardia non si riusciva a trovarne.

Dopo che l’interprete minacciata rinunciò all’incarico fu sostituita da una collega, la quale decise di non tradurre e trascrivere i 59 minuti rimanenti dell’audio. Spiegò che non c’erano dialoghi intellegibili ma solo suoni di sottofondo, musica e rumori vari. La Corte invece ha riscontrato che in quei 59 minuti sono presenti dialoghi in lingua ucraina. Alla nuova interprete, convocata questa mattina, è stata concessa una settimana di tempo per ascoltare, tradurre e trascrivere tutto. L’audio potrebbe essere ascoltato in aula durante le prossime udienze.

Ulteriore colpo di scena è stato l’annuncio della Corte di aver ricevuto ieri, «con una modalità irrituale», da parte del Ministero della Giustizia ucraino, comunicazione della doppia cittadinanza di Vitaly Markiv. La Corte l’ha messa agli atti.

La presenza dello Stato ucraino nel processo oggi si è fatta sentire più di altre volte. In aula, hanno seguito l’intera udienza, seduti in seconda fila, Arsen Avokov, Ministro degli Interni ucraino, e Lyudmila Denisova, Alto Rappresentante per i Diritti Umani dell’Ucraina. Fuori dal Tribunale, Il ministro Avakov,ha dichiarato a Ossigeno: «La sentenza di Pavia è stata emozionale, non basata su tutte le prove raccolte. Il nostro soldato è stato accusato ingiustamente e l’Ucraina non abbandona i suoi soldati. Chiediamo che il Tribunale valuti tutte le prove, come la distanza e gli ostacoli alla visuale. Chiediamo l’assoluzione di Vitaly Markiv».

Fuori dal Tribunale, rappresentanti della comunità ucraina in Italia hanno esposto striscioni che chiedono l’assoluzione di Markiv. Hanno atteso la fine dell’udienza sulle scale del Palazzo di Giustizia, indossando magliette con la scritta “Markiv innocente”.

LA DIFESA – «Abbiamo appreso solo stamattina in Camera di Consiglio del procedimento che vede l’interprete come parte offesa – ha detto a Ossigeno l’avvocato Rapetti, uno dei difensori di Markiv –, ma non c’è nessuna correlazione fra la rinuncia dell’interprete e la mancata traduzione della sua collega. C’è stato un problema tecnico che ha impedito di tradurre i 59 minuti rimanenti, e siamo noi i primi oggi a chiedere che si faccia la traduzione integrale».

I FAMILIARI DI ANDREA ROCCHELLI – La vicenda delle intimidazioni all’interprete sono viste dalle parti civili come una conferma delle pressioni di parte Ucraina sul processo, ma neanche queste hanno tolto la fiducia alla famiglia di Andy Rocchelli, che uscendo dall’aula ha dichiarato a Ossigeno: «Abbiamo piena fiducia nella magistratura, a Pavia è stato fatto un lavoro attento e scrupoloso, che è durato anni e non si è fermato neanche di fronte alla mancata collaborazione dell’Ucraina. In uno Stato di diritto le indagini sono svolte dalle istituzioni e le conclusioni tratte da una magistratura indipendente».

Giovedì 15 ottobre la Corte, dopo aver preso visione della nuova traduzione dell’intercettazione,  scioglierà le riserve anche sulle altre richieste della difesa di Markiv, ovvero il sopralluogo in Ucraina, l’esperimento balistico sul fucile di Markiv e l’acquisizione del documentario “The wrong place”. Giacomo Bertoni

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