Diffamazione. Il ddl Di Nicola è uscito dal porto

Ora deve affrontare il voto nell’aula del Senato. Poi quello della Camera. Ce la farà prima della fine della legislatura? Timori, speranze, precedenti

La proposta di legge presentata dal senatore Primo Di Nicola (M5S) (leggi il testo) per tutelare i giornalisti dalle intimidazioni e ritorsioni eseguite con le cause  pretestuose per diffamazione a mezzo stampa, ha fatto un primo passo significativo in Parlamento. Il 17 dicembre 2019 la Commissione Giustizia del Senato ha deciso a maggioranza di inviare il testo all’Aula per essere votato. Il relatore Lo Muti chiederà alla presidente Casellati di fissare una data per la discussione. E’ un piccolo passo ma ha richiesto 14 mesi di tempo e anche un ridimensionamento del 50 per cento della sanzione proposta. Se si considera quanto è lungo il cammino che resta da percorrere per trasformare la proposta in una legge c’è da sperare che adesso il Parlamento allunghi il passo. Inoltre, bisogna sperare che la maggioranza trasversale che si è realizzata in Commissione rimanga solida per affrontare le molte insidie che si annidano lungo il percorso. L’iter prevede molte tappe durante le quali, come nel gioco dell’oca, ci sono trappole che costringono a tornare indietro.

Infatti, quando avrà ottenuto il sì del Senato, il disegno di legge passerà alla Camera, dove sarà sottoposto al voto prima in commissione e poi in aula, e in ogni passaggio potranno essere introdotti emendamenti, modifiche che potranno migliorare o peggiorare l’impianto iniziale. In ogni caso renderanno più difficile il suo iter. Infatti, il testo approvato dalla Camera dovrà essere identico a quello licenziato dal Senato. In caso diverso, i senatori saranno nuovamente chiamati a votarlo. E viceversa…

Nella scorsa legislatura un altro progetto di legge in materia di diffamazione, il disegno di legge Costa, fece la spola Camera-Senato due volte ma alla fine il testo non fu approvato in forma definitiva.

Per il ddl Di Nicola dovrebbe essere più facile, perché, come ha fatto notare il senatore Pietro Grasso (Leu), questo provvedimento  non è complesso. Piuttosto “è chiarissimo e consta di un solo articolo”. Questa leggina, ha aggiunto Pietro Grasso, “quando sarà approvata tutelerà tutti i giornalisti: finalmente chi avvierà in malafede liti temerarie contro i giornalisti con richieste di danni sproporzionate sarà tenuto a risarcirli con una somma decisa dal giudice e non inferiore a un quarto della somma da lui stesso richiesta”. Un grande cambiamento, considerato che adesso chi si comporta così non incorre in alcuna penalità.

“Questa norma è attesa da anni e chiesta a gran voce dal mondo dell’informazione”, puntualizza l’on. Francesca Businarolo, presidente della commissione Giustizia della Camera,  firmataria nella precedente legislatura di una proposta di legge contro le querele temerarie (non approvata). “Questa è una norma di civiltà. Non è tollerabile che si possano promuovere cause in sede civile con richieste di risarcimenti esorbitanti al solo scopo di intimidire un giornalista”.

Il primo firmatario del testo, il sen. Primo di Nicola, ha definito il voto del Senato “veramente una bella notizia, un passo importante” e ha ringraziato il relatore Arnaldo Lomuti e tutti i senatori della Commissione Giustizia. Quando questo provvedimento entrerà in vigore, ha aggiunto, chi cercherà di fermare con una causa temeraria il lavoro della libera stampa “dovrà pensarci bene prima di agire e i giornalisti potranno lavorare protetti da una vera tutela normativa”. 

Purtroppo, i giudizi sulle misure proposte dal sen. Di Nicola non sono tutti favorevoli e non è ancora chiaro se in Parlamento c’è veramente la volontà politica di approvare qualche misura concreta per mettere fine al flagello delle cause e delle querele per diffamazione a mezzo stampa usate a scopo di intimidazione o di ritorsione.

Il provvedimento proposto dal senatore Di Nicola riveste perciò un interesse doppio: da un lato, offre una risposta adeguata a un aspetto non secondario del problema. Dall’altro, funziona come una cartina di tornasole per capire qual è l’effettiva disponibilità politica del Parlamento ad affrontare l’intera questione, per la quale sono in esame altri e più corposi provvedimenti che per prendere il largo attendono di vedere in quali acque navigherà l’agile leggina sulle liti temerarie.

ASP

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