Leggi e sentenze

Diffamazione. Perché non piace il ddl Caliendo

Il parere di Ossigeno sulla proposta di legge in discussione alla Commissione Giustizia del Senato che FNSI e FIEG hanno definito liberticida

Il 21 gennaio 2020, a Palazzo Madama, nel corso di una conferenza stampa congiunta, la FNSI e la FIEG hanno chiesto profonde modifiche al disegno legge proposto il 28 settembre 2018 dal senatore Giacomo Caliendo in materia di diffamazione a mezzo stampa e attualmente in discussione alla Commissione Giustizia del Senato (leggi il testo). A destare preoccupazione è stata la presentazione di alcuni emendamenti che peggiorano il testo iniziale.
«Se questo ddl fosse approvato – ha affermato il segretario della FNSI, Lorusso – sarebbero introdotte pesanti restrizioni alla libertà di stampa, alla libertà di espressione e al diritto di cronaca, con l’unico effetto di produrre altre condanne dell’Italia in sede europea». Lorusso ha aggiunto che “Il disegno di legge sulla riforma della diffamazione, in discussione in Commissione al Senato, punta a colpire sia gli editori, con un inaccettabile inasprimento delle pene pecuniarie, sia i giornalisti, dei quali si vuole limitare la libertà”.

Il vice presidente della Federazione degli Editori, Francesco Dini, ha affermato che “per sfuggire al modello Erdogan ci stiamo avvicinando al modello polacco e ungherese. Così le aziende editoriali non possono lavorare”

Sul testo del ddl Caliendo, Ossigeno per l’Informazione ha fornito alle autorità internazionali che ne hanno fatto richiesta il seguente parere.

Nel complesso, l’osservatorio Ossigeno per l’Informazione condivide il giudizio negativo di FNSI e FIEG sul disegno di legge Caliendo, poiché esso ripropone sostanzialmente il testo della proposta di legge di iniziativa dell’onorevole Costa, discussa dal Parlamento nella precedente legislatura. 

Questa proposta di legge, come quella precedente di Costa, insieme all’abolizione del carcere per diffamazione a mezzo stampa e altre norme positive, contiene misure gravemente lesive della libertà di stampa. 


Nella scorsa legislatura, la proposta Costa è stata a lungo dibattuta, è stata criticata ed emendata, migliorata e peggiorata in corso d’opera, e alla fine non è stata approvata definitivamente, com’era facilmente prevedibile. 

Ossigeno ha fatto rilevare che in quella proposta, e in questa nuova del senatore Giacomo Caliendo, i numerosi elementi di innovazione negativi prevalgono rispetto a quelli positivi. 

Dunque, la preoccupazione della FNSI e della FIEG sono giustificati. Tuttavia il pericolo non sembra immediato considerato che la proposta di legge Caliendo attualmente è molto lontana dall’essere approvata. L’iter di questo ddl è lento, molto lento, perché manca la volontà politica necessaria per condurre in porto qualsiasi riforma dell’attuale legislazione, punitiva sia per i giornalisti sia per gli editori.

Proprio per questo, nel corso dell’ultimo anno, Ossigeno –  insieme all’Ordine dei Giornalisti e anche alla FNSI – ha sostenuto l’esigenza e l’urgenza di approvare la più modesta ma importante proposta di legge Di Nicola, che ha suscitato grandi speranze.

Anch’essa fa molta fatica ad andare avanti, pur trattandosi di un testo semplice. Se ci fosse una vera volontà di procedere si potrebbe approvarla rapidamente, in poche settimane, e produrrebbe subito effetti incisivi. In questo senso, rappresenta un test politico, il vero test, della effettiva volontà del Parlamento di modificare in modo positivo, nell’interesse del diritto all’informazione, la normativa vigente che consente di fare un ampio e impunito uso intimidatorio delle cause e delle querele per diffamazione a mezzo stampa. 

Il vero motivo per cui il Parlamento sta esaminando il ddl Caliendo è il seguente: deve esserci sempre una proposta di legge depositata in Parlamento (sia pure contraddittoria, per non scontentare nessuno) che proponga l’abolizione del carcere. Serve al governo e al Parlamento per prendere tempo, per rispondere ai richiami del Comitato Diritti Umani di Ginevra e di altre organizzazioni internazionali  –  come stanno facendo anche adesso le autorità italiane – dicendo: abbiate pazienza, stiamo provvedendo, lasciateci lavorare. Le cose vanno avanti così da venti anni. Il gioco è scoperto, ma non si riesce a interromperlo, anche perché i media non parlano di queste cose.

Nel merito, i difetti principali del DDL Caliendo sono i seguenti: 

  • la depenalizzazione non è prevista e non è neppure presa in considerazione nella relazione che accompagna il testo; 
  • non si modifica la natura di questo reato, che continuerebbe a essere perseguito come fattispecie sempre dolosa; 
  • non si affronta in modo adeguato la necessità di punire più severamente chi diffonde deliberatamente e consapevolmente notizie false e diffamatorie attraverso i media (la Commissione Parlamentare Antimafia ha chiesto di introdurre un reato specifico per la cosiddetta “macchina del fango”); 
  • l’abolizione della pena detentiva è un elemento molto positivo, ma è controbilanciata dalla considerevole entità delle multe che la sostituiscono. Oggi, il codice penale – articolo 595 – punisce la diffamazione a mezzo stampa con il carcere o una multa non inferiore a 516 euro. L’importo della multa non può superare i 50mila euro, sempre secondo il codice penale (articolo 64). La proposta del sen. Caliendo prevede una multa compresa tra i 5mila e i 10mila euro. Per la diffamazione a mezzo stampa aggravata dall’attribuzione di fatto determinato (articolo 13 della legge sulla stampa n. 47/48) la pena del carcere e della multa non inferiore a 250 euro e non superiore a 50mila euro verrebbe sostituita da una multa compresa tra i 10mila e i 50mila euro (con un aumento di 40 volte del minimo della pena ora vigente); 
  • il diritto all’oblio viene introdotto senza sufficienti norme di garanzia; 
  • la non punibilità per chi pubblica la rettifica richiesta è un’altra norma positiva, ma è subordinata alla sua pubblicazione senza replica né commento: così si aprono nuove opportunità a favore di chi sostiene tesi false; 
  • l’assegnazione della competenza giuridica al foro di residenza del querelante indebolirebbe i piccoli giornali; 
  • le norme di deterrenza proposte per scoraggiare chi presenta querele pretestuose appaiono attenuate e poco efficaci; 
  • l’estensione del segreto professionale ai giornalisti pubblicisti è positiva, ma rimane invariata la facoltà per il  giudice di ordinare al giornalista di rompere quel segreto;  
  • altrettanto grave è la facoltà concessa al giudice di disporre la sospensione da sei mesi a un anno dell’attività professionale del giornalista condannato;
  • rimane immutata la facoltà del querelante di denunciare soltanto l’autore dell’articolo contestato, lasciando immuni dal processo il direttore responsabile e l’editore della pubblicazione. Questa norma permetterebbe di colpire il singolo giornalista, favorendo il disinteresse nei suoi confronti dell’azienda editoriale che ha pubblicato l’informazione. 

Inoltre, la proposta Caliendo non tiene in alcun conto: 

  • la giurisprudenza della Corte Edu circa la necessità di proporzionare le pene e le sanzioni pecuniarie alle condizioni economiche e patrimoniali del giornalista e dell’editore colpevoli di diffamazione; 
  • la necessità di eliminare la facoltà di perseguire gli accusati di diffamazione sia sul piano penale sia, contemporaneamente o in tempi successivi, in quello civile.

Questo è il quadro sintetico dei principali rilievi. In gran parte ricalcano quelli descritti nel dossier di Ossigeno pubblicato nel 2013 dal titolo “Onore offeso e libertà di stampa”, contenente lo studio eseguito sulla proposta di legge 925 (che era allora in discussione e che è l’antenata dell’attuale ddl Caliendo) commissionato dall’Ufficio del Rappresentante Osce per la Libertà dei media, e i pareri del Consiglio d’Europa, del Relatore dell’Onu per la libertà di stampa e di numerosi esperti. (Leggi il dossier) ASP

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