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Enna. Condannato il prete processato per violenza sessuale su minori

Proseguono invece i processi per diffamazione ai giornalisti da lui querelati per aver pubblicato articoli sul suo processo

di Pierelisa Rizzo

OSSIGENO 7 marzo 2024 – Il 6 marzo 2024 Giuseppe Rugolo, il sacerdote processato ad Enna per violenza sessuale su minori, è stato condannato dal Tribunale di Enna a 4 anni e 6 mesi con l’interdizione perpetua dall’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado e 5 anni dai pubblici uffici. Riconosciuta la responsabilità civile della Curia della Diocesi di Piazza Armerina. Proseguono invece i processi per diffamazione ai giornalisti da lui querelati per aver pubblicato articoli sul suo processo.

LA SENTENZA, emessa dopo 8 ore di camera di consiglio, è stata letta nel corso di un’udienza a porte aperte, l’unica del processo, dal presidente del collegio, Francesco Pitarresi, giudici a latere, Elisa D’Aveni e Maria Rosaria Santoni, in un’aula gremita di pubblico. 22 udienze, 53 testimoni, 4 giornalisti denunciati per diffamazione dall’imputato, insieme al presidente di Rete l’Abuso, Francesco Zanardi e la stessa vittima, Antonio Messina, dalla cui denuncia, nel 2020, è partita l’indagine, condotta dalla Squadra mobile di Enna.

IL PROCESSO è iniziato nell’ottobre del 2021 e ha visto coinvolti anche un colonnello dei carabinieri, nel 2021, a capo dei carabinieri di Enna, Saverio Lombardi, rinviato a giudizio, in un altro procedimento, per tentativo di induzione indebita a dare o promettere. Nel processo si sono costituiti parti civili, oltre alla vittima, i genitori , Rete l’Abuso, e l’associazione Contro Tutte le Violenze, Co.Tu.Le.Vi, mentre, chiamati alla responsabilità civile, erano la Diocesi di Piazza Armerina e la parrocchia di San Giovanni Battista di Enna.

I LEGALI DI FIDUCIA di Rugolo, Antonino Lizio e Dennis Lovison non hanno voluto rilasciare nessuna dichiarazione.

IL PADRE DELLA VITTIMA – “Nessuna pena ci potrà restituire le sofferenze che mio figlio e la nostra famiglia ha passato – dice il padre di Antonio Messina, la vittima che nel 2020 ha denunciato il sacerdote mettendo il moto la macchina della giustizia.

Dopo la denuncia di Antonio Messina oggi trentenne, nel corso delle indagini, sono emersi altri abusi perpetrati a danno di altri giovani, oggi maggiorenni. Secondo l’accusa, il sacerdote in appena 9 mesi, avrebbe fatto oltre 18 mila accessi in siti pornografici con il tag “teen”, 60 accessi al giorno.

IL PM – “Comunque vada – aveva detto il pm, Stefania Leonte nel corso della sua requisitoria – Antonio oggi ha vinto. Ha vinto il coraggio di questo ragazzo di affrontare l’incubo della sua adolescenza, perché non si è fermato davanti al timore di non essere creduto e al pregiudizio della gente, perché ha presentato la denuncia per un senso di dovere nei confronti di se stesso e dei suoi coetanei, che avevano subito i suoi stessi abusi e dei tantissimi adolescenti che frequentavano il gruppo del 360, sotto l’egida di Rugolo. Antonio non avrebbe potuto essere l’uomo di una società pulita, onesta e non omertosa, fatta di famiglie che tutelano i propri figli, se lui per primo avesse continuato a tacere”.

LA DENUNCIA – Nella sua denuncia, Antonio Messina , ha raccontato alla squadra mobile di Enna le violenze subite dal 2009 al 2013 dal sacerdote. Antonio, che all’epoca dei fatti aveva 15 anni frequentava la parrocchia di San Giovanni Battista ad Enna, dove sarebbero avvenuti alcuni episodi di violenza, mentre Rugolo era seminarista. Le violenze, però sarebbero continuate anche dopo che Rugolo è stato ordinato sacerdote.

IL VESCOVO- Prima di denunciare i fatti alla polizia, Antonio Messina aveva scritto una lettera a Papa Francesco per chiedere giustizia a lui, dopo avere presentato nel 2018 una denuncia al vescovo della diocesi di Piazza Armerina, Rosario Gisana che aveva aperto una investigatio previa. Il procedimento, dopo essere approdato al tribunale ecclesiastico, fu inviato alla Congregazione, oggi Dicastero, per la Dottrina della Fede, che non si espresse per difetto di competenza dato che, secondo l’investigatio, le violenze sarebbero avvenute quando Rugolo era seminarista. Il Dicastero rimandò, dunque, gli atti al vescovo Gisana il quale offri alla famiglia di Antonio Messina 25 mila euro in contanti, presi dalle casse della Caritas, come borsa di studio.  Antonio Messina pretese che nella causale si scrivesse invece “per risarcimento danni” e la trattativa saltò.

Rugolo fu trasferito da Enna a Ferrara, alla fine del 2019, solo per due anni. Questa fu la decisione di Gisana, adducendo la scusa che fosse gravemente malato. Anche a Ferrara gli furono affidati ragazzi dai 14 ai 19 anni.

Così nel 2020 Antonio Messina presentò la sua denuncia alla polizia che nel corso delle indagini uso le intercettazioni e captò, fra l’altro, una telefonata tra Rugolo e monsignor Gisana che è agli atti del processo, in cui il vescovo, candidamente, confessa di avere insabbiato tutto.

Pierelisa Rizzo per Ossigeno

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