Memoria

Memoria. Il ricordo di Walter Tobagi a 40 anni dalla morte

La sua storia è ricostruita sul sito di Ossigeno, Cercavano la Verità. In occasione di quest’anniversario il Corriere della Sera ha raccolto, e commentato, i suoi articoli nel volume “Poter capire, voler spiegare”

Era il 28 maggio del 1980 quando, a Milano, in via Salaino, quattro proiettili tolsero la vita a Walter Tobagi, 33 anni, giornalista del Corriere della Sera. Domani saranno trascorsi 40 anni dalla sua morte.

Ossigeno per l’Informazione ricorda la storia di Walter Tobagi e le tappe del processo che portarono alla condanna dei suoi assassini sul sito “Cercavano la verita” . Questo archivio al servizio della memoria collettiva, insieme a quella di Tobagi, contiene le storie degli altri 29 giornalisti italiani uccisi a causa del loro lavoro. Martiri civili, difensori della libertà di fare informazione, hanno cercato – attraverso la lucida analisi della società del tempo – di raccontare ai lettori i complessi ingranaggi di una realtà complicata, e talvolta avvelenata.

Brillante cronista politico e sindacale, Tobagi ha raccontato gli anni del terrorismo; quelli delle grandi stragi e della violenza che le caratterizzò. Cercò di esaminarne le cause, denunciò l’intrusione del fenomeno nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro; analizzò i legami e le personalità dei leader di quei movimenti e scrisse di loro, in un articolo pubblicato il 20 aprile del 1980, che “non erano samurai invincibili”. Circa un mese dopo Tobagi fu assassinato.

“Un analista senza tempo della società e un interprete delle sue viscere profonde”: così lo definisce Ferruccio De Bortoli in un ricordo che apre il volume, “Poter capire, voler spiegare. Walter Tobagi quarant’anni dopo”, a cura di Giangiacomo Schiavi. Una raccolta di articoli dello stesso Tobagi, commentati dalle firme del Corriere della Sera. Un omaggio che il quotidiano ha voluto fare a Walter Tobagi per ricordare “il collega”, il suo impegno civile e sindacale, e tracciare un filo tra la società del tempo e quella contemporanea a quarant’anni dalla sua morte.

Nei ricordi di chi l’ha conosciuto e ha lavorato con lui, e che in questi giorni affiorano sulle pagine dei quotidiani, tutti lo descrivono come un giornalista libero da pregiudizi e ideologie, che interpretava la professione come un servizio per la società. Un uomo di fede, una persona dal carattere dolce e disponibile con tutti, ma allo stesso tempo rigoroso e fermo. “Un leader dalla forza tranquilla – scrive ancora di lui De Bortoli – Non aveva bisogno di alzare la voce per farsi ascoltare”.

RDM

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