Libertà di stampa

Ossigeno a Index che mostra meno cronisti minacciati

L’intervista rilasciata per il report di Mapping Media Freedom sul monitoraggio effettuato nel periodo 2014-2018

Nel gennaio 2019, Ryan McChrystal a nome di Index on Censorship ha chiesto a Ossigeno di rispondere a quattro domande sui giornalisti minacciati in Italia dal 2014-2018, allo scopo di avere commenti da includere nel rapporto sugli attacchi ai giornalisti investigativi – colpiti da violenze, minacce, arresti, denunce pretestuose per  diffamazione – in tutta Europa. Il rapporto, pubblicato a febbraio 2019, espone i dati raccolti nel progetto Mapping Media Freedom dal 2014-2018, fra i quali 387 sono quelli relativi all’Italia. Il rapporto include alcuni estratti dell’intervista che qui pubblichiamo integralmente. Essa, tra l’altro, mostra che i dati raccolti da Ossigeno e Index on Censorship sull’Italia differiscono in larga misura, da uno a dieci, come se fossero riferiti a due paesi diversi.

In termini generali, quali sono le tendenze più preoccupanti per le violazioni nei confronti dei giornalisti investigativi che l’osservatorio Ossigeno per l’Informazioneha  visto in Italia tra il 2014-18? Qual è la situazione del giornalismo investigativo?

In questi anni in Italia il giornalismo investigativo è diventato sempre più rischioso, sia per i giornalisti che per i media. Sono migliaia i giornalisti investigativi che hanno subito minacce, aggressioni, danneggiamenti. Ossigeno ne ha censito quasi quattromila, ma sono molti di più. Basta dire che ogni anno seimila giornalisti subiscono processi per diffamazione a mezzo stampa basati su accuse false e pretestuose e rischiano di finire in carcere. Purtroppo in Italia è molto facile accusare impunemente di diffamazione l’autore di qualsiasi articolo che non piace. Le accuse di diffamazione condizionano moltissimo chi fa inchieste giornalistiche. La diffamazione a mezzo stampa è ancora un reato punibile con 6 anni di reclusione. La legge permette di chiedere risarcimenti di importo illimitato senza nemmeno l’obbligo di provare l’entità dei danni subiti. I seimila accusati (in gran parte giornalisti) sono costretti a difendersi davanti a un giudice pagando un avvocato difensore, con spese considerevoli anche per chi è certo della propria innocenza. Prima di ottenere la sentenza passano da due a sei anni (almeno) e molte volte le spese restano a carico dell’imputato, anche se è stato prosciolto dalle accuse. Le condanne a pene detentive producono un chilling effectinnegabile. Ogni anno i condannati a pene detentive per diffamazione a mezzo stampa sono 155 per un totale di 103 anni di carcere. I giornalisti più esposti a queste condanne sono i direttori responsabili che rispondono al giudice di ogni parola pubblicata. Sono molto numerose (oltre 900 ogni anno) le cause civili per risarcimento dei danni per diffamazione. Il valore medio dei risarcimenti chiesti è di 50mila euro. Questa cifra è superiore al reddito medio dell’80 per cento per cento dei giornalisti italiani. Alcune richieste di risarcimento superano il milione di euro e anche quelle di importo minore mettono in grave difficoltà i media. Alcuni giornali hanno cessato le pubblicazioni a causa di queste condanne, altri hanno rinunciato al giornalismo investigativo. Il secondo rischio più probabile per i giornalisti investigativi è quello di subire perquisizioni giudiziarie e il sequestro di archivi e strumenti di lavoro e rischiano anche di essere incriminati se proteggono con il silenzio le loro fonti fiduciarie. Tutto ciò fa apparire “drammatica” la situazione italiana, come ha affermato recentemente il sindacato internazionale dei giornalisti (IFJ/EFJ).

Abbiamo sentito parlare di molte denunce di violazione della libertà dei media in Italia. Quali passi concreti si dovrebbero fare per garantire ai giornalisti investigativi il diritto di possano svolgere il loro lavoro? 

E’ indispensabile cambiare alcune norme di legge. Manca però la volontà politica per farlo. Inoltre è necessario che i giornalisti e gli editori uniscano le loro forze per fronteggiare insieme alcuni problemi comuni e ridurre così i rischi più frequenti.

Quale ruolo svolgono organizzazioni come Ossigeno per l’Informazione per garantire ai giornalisti investigativi la libertà di svolgere il loro lavoro senza temere rappresaglie?

Con il suo monitoraggio continuativo Ossigeno tiene desta l’attenzione sulle minacce e le rappresaglie contro i giornalisti. Questo modo di tenere alta l’attenzione sul fenomeno è già ,di per sé, una forma di protezione dei cronisti. Con il monitoraggio Ossigeno aiuta i giornalisti che subiscono intimidazioni e minacce e di solito rimangono isolati, aiuta soprattutto quelli che non ottengono piena solidarietà dai loro colleghi né la dovuta attenzione delle autorità, quelli che non hanno abbastanza soldi per affrontare i processi per diffamazione. Li aiuta a rompere l’isolamento.

Che cosa riserva il futuro al giornalismo investigativo in Italia, di fronte al fatto che esponenti del governo hanno detto che toglieranno la protezione ad alcuni giornalisti investigativi?

Il futuro è molto incerto. Non si capisce chi sarà ancora disposto a finanziare un’attività così difficile e rischiosa. Certe posizioni di esponenti del governo aumentano le preoccupazioni. Ma per fortuna finora il governo non ha ridotto la protezione ai giornalisti minacciati. Il ministro dell’Interno, polemizzando con Roberto Saviano che lo aveva criticato, aveva detto che avrebbe potuto ridurre le scorte. Ancora non lo ha fatto. Il sistema di protezione italiano rimane il migliore fra tutti quelli conosciuti.

ASP

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