Memoria

La Cassazione: Mauro Rostagno fu ucciso dalla mafia ma il killer è rimasto ignoto

32 anni dopo l’omicidio a Lenzi di Valderice, confermato l’ ergastolo al mandante Vincenzo Virga e prosciolto il presunto esecutore Vito Mazzara

di Margherita Nanetti – ANSA – ROMA, 27 novembre 2020 – Dopo 32 anni, l’agguato mortale a colpi di fucile a pompa e pistola calibro 38, l’omicidio del giornalista e sociologo Mauro Rostagno – avvenuto a Lenzi di Valderice nel trapanese la sera del 26 settembre 1988 – è ancora un caso irrisolto; l’unica cosa certa è che si trattò di un delitto di mafia, nonostante tanti insabbiamenti abbiano cercato di sviare la giustizia dalla pista di Cosa nostra. E’ anche certo che a ordinare l’omicidio fu Vincenzo Virga, allora boss di Trapani.  Manca ancora l’esecutore materiale dell’omicidio. 

É questo l’esito del verdetto della Cassazione, che ha confermato la condanna all’ergastolo per il capomafia Vincenzo Virga quale mandante dell’esecuzione, e il proscioglimento di Vito Mazzara, il quale in primo grado era stato condannato al carcere a vita con l’accusa di essere l’uomo che sparò a Rostagno, probabilmente insieme ad altri complici mai identificati. 

  Vito Mazzara è comunque già in prigione per scontare il ‘fine pena mai’ per l’omicidio dell’agente di custodia Giuseppe Montalto, avvenuto nel 1995. Giustizia a metà dunque per Mauro Rostagno, che con le sue inchieste per RTC Radio Tele Cine era entrato nel mirino di Cosa Nostra.  

I familiari di Mauro Rostagno e la Procura di Palermo, avevano chiesto di annullare l’assoluzione in appello di Vito Mazzara e aprire un nuovo processo di appello. 

Il Procuratore della Cassazione Gianluigi Pratola aveva condiviso le istanze delle parti civili e dei magistrati inquirenti per riportare Mazzara sul banco degli imputati di questa travagliatissima vicenda giudiziaria. Ci sono voluti venti anni per arrivare al processo di primo grado, e altri dodici per il giudizio della Suprema Corte. 

   Il processo di secondo grado, ora convalidato dai supremi giudici, ha confermato nel 2018 che Rostagno – leader della contestazione nata dal ’68, marxista non violento e pacifista, tra i fondatori di Lotta Continua – svolgeva un “esemplare lavoro giornalistico” dalla redazione dell’emittente RTC che dava fastidio alla mafia dalla quale aveva ricevuto messaggi intimidatori. 

Camurrià’, ossia rompiscatole, lo aveva chiamato Francesco Messina Denaro, padre del superlatitante Matteo.  

Indagando sulla morte di Mauro Rostagno – che riuscì  a salvare la vita di Monica Serra, la giovane cronista praticante che era con lui quando gli spararono sulla sua Duna bianca – la magistratura si è scontrata con omissioni, sottovalutazioni inspiegabili, depistaggi che portavano fino all’omicidio del commissario Luigi Calabresi. 

Perfino il tentativo di attribuire l’esecuzione di Rostagno a dissapori all’interno della Comunità Saman, il centro di recupero dei tossicodipendenti sostenuto anche da Bettino Craxi e fondato dal giornalista sociologo e dal suo amico Francesco Cardella nel 1981 in contrada Lenzi di Valderice, a poche centinaia di metri dal luogo dell’agguato del 1988, reso ancora più  buio da un misterioso black out. 

  La figlia di Rostagno, Maddalena, attivista antimafia, era una ragazzina adolescente quanto le uccisero il padre, oggi ha 47 anni. Sui social – quando ha saputo che ci sarebbe stata l’udienza in Cassazione ha scritto –  “l’atto finale lo vivrò chiusa in cameretta e non in un’aula di Tribunale”. “Papà  potessi raccontarti cosa stavo facendo quando mi è stata confermata, neanche Kafka, sempre le solite storie di ego smisurato e piccioli… Madonna mia quanto avrei bisogno di respirare adesso con te accanto”. NM

Leggi la storia di Mauro Rostagno sul sito Cercavano la verità

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