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Processo Rocchelli. “Markiv è innocente, sempre amico dei cronisti”

L’avvocato difensore Della Valle ha fatto una lettura delle prove molto diversa dalla requisitoria del Pm. Conclusioni il 5 luglio, sentenza il 12

Questa cronaca di Giacomo Bertoni è stata prodotta da Ossigeno per l’informazione in collaborazione con La Provincia Pavese, Unione Nazionale Cronisti Italiani, Ordine Giornalisti Lombardia per integrare le cronache dei media con un resoconto oggettivo, puntuale ed esauriente dello svolgimento del processo in corso al Tribunale di Pavia in cui è imputato il presunto responsabile dell’uccisione del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli e del giornalista russo Andrey Mironov. Questo testo è stato pubblicato sul sito web ossigeno.info ed è stato inviato a Vienna al Rappresentante per la Libertà dei Media dell’Osce, che segue con attenzione la vicenda. Leggi qui i precedenti articoli

«Vitaly Markiv ha sempre difeso i giornalisti inviati in Ucraina, ha collaborato con loro, lo consideravano un amico. L’istruttoria e la requisitoria del Pm hanno trascurato elementi importanti che cambiano radicalmente la posizione di Markiv». L’avvocato Raffaele Della Valle lo ha affermato venerdì 21 giugno 2019, nell’aula della Corte d’Assise del Tribunale di Pavia, svolgendo l’arringa in difesa dell’unico imputato di questo processo per l’omicidio del fotoreporter Andy Rocchelli.

Dalle 10.30 alle 17, Della Valle ha contestato punto per punto la requisitoria del Pm, Andrea Zanoncelli, che ha chiesto 16 anni di carcere per Markiv. Secondo Della Valle, l’atteggiamento del Pm è stato “ipercritico”. «Si è scelto di vedere e sottolineare solo gli elementi utili alla condanna, mentre – ha detto l’avvocato – dati rilevanti sono stati omessi perché contrari alla tesi dell’accusa. Ci si è rinchiusi nel baluardo delle certezze, lavorando a senso unico. Credere nell’innocenza di Markiv non significa essere contro i familiari di Andrea Rocchelli, però significa rifiutare l’idea di trovare un colpevole a tutti i costi. Bisogna trovare ‘il colpevole’, non un colpevole».

L’avvocato Della Valle ha citato l’articolo della giornalista Ilaria Morani pubblicato sul Corriere della Sera online il 25 maggio 2014, il giorno dopo l’omicidio di Rocchelli. «Questo articolo – ha detto Della Valle – è diventato il perno principale dell’accusa. Eppure si tratta di un articolo impreciso e superficiale. Si legge che Markiv è il comandante dell’esercito e che si trova sulla torre di comando in cima alla collina. In realtà Markiv è un soldato semplice della Guardia Nazionale e sulla collina si trova vicino all’antenna televisiva, obiettivo strategico del conflitto».

L’avvocato ha poi ricordato i rapporti di collaborazione fra Markiv e i giornalisti presenti sul posto: «Per loro Markiv era una fonte di informazioni, c’erano rapporti di fiducia e amicizia. Se al telefono Markiv avesse davvero confessato loro di aver ucciso il loro amico Andy, i rapporti si sarebbero interrotti. Invece sono continuati: giorni dopo il giornalista Fauci ha fatto visita a Markiv in ospedale e gli ha chiesto aiuto per recuperare un giubbotto antiproiettile, giubbotto che Markiv gli ha subito fatto avere. I giornalisti avrebbero continuato a frequentare l’omicida del loro amico? Il comportamento di Markiv è forse il comportamento di chi vuole uccidere i giornalisti? Più volte ha ripetuto loro, anche nella telefonata avvenuta dopo la morte di Rocchelli, di non avvicinarsi alla collina perché il luogo era interessato da scontri armati che andavano intensificandosi».

L’avvocato ha ricostruito poi la dinamica dell’attacco avvenuto il 24 maggio 2014, costato la vita a Andy Rocchelli e ad Andrei Mironov: «I giornalisti hanno camminato e scattato fotografie senza che succedesse nulla. Gli spari sono cominciati quando è comparso questo quinto uomo, vestito con abiti civili, che poi li ha seguiti nel fosso. Il tassista, che l’accusa ha deciso di non citare nel processo, racconta che durante la sparatoria Mironov spiegò che si trovavano sotto un fuoco incrociato e che avrebbero dovuto attendere la fine degli spari. In quel momento gli unici ucraini presenti si trovano a 1700 metri di distanza, sulla collina. Come potevano da quella distanza riconoscere che erano dei giornalisti? Impossibile vederli e riconoscerli, inutile sparare alla cieca con i mitragliatori a quella distanza».

Della Valle ha voluto inoltre smentire l’idea, lamentata dalle parti civili, che Rocchelli sia andato in cerca del pericolo. «Non potremmo mai avallare una storia tanto indegna, volgare e ridicola – ha detto –. Rocchelli era un professionista serio ed esperto. Questo è riconosciuto da tutti. Il contesto però va esaminato, ed è un contesto di guerra, con scontri armati costanti. Sono gli stessi giornalisti a raccontare che in quel luogo era troppo pericoloso andare a scattare fotografie, lo hanno ricordato anche l’ambasciatore Romano e il proprietario della Zeus Ceramica».

La difesa farà le sue conclusioni nell’udienza del 5 luglio, la sentenza invece è fissata per venerdì 12 luglio. GB

1 commento
  1. Oles Horodetskyy
    Oles Horodetskyy dice:

    Grazie. Mancano ancora due punti cruciali evidenziati dalla difesa e totalmente trascurati dall’accusa. Il video registrato da Roguelon nel fossato, dove Mironov parla chiaramente di “qualcuno vicino che spara con quello che ha” , “del mortaio vicino”, “siamo capitati in mezzo di una sparatoria (fuoco incrociato)”. Il secondo – il racconto di Roguelon della fine dell’attaco. “Degli uomini entravano nel fossato sparando”. Non potevano essere gli ucraini, perché stavano a distanza di 1700 metri.

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