Libertà di stampa

Più ossigeno alle giornaliste di inchiesta. Progetto per una rete di solidarietà più attiva

Con una piattaforma di collaborazione professionale e una rete internazionale di solidarietà. L’annuncio a Bari, al Forum delle Giornaliste del Mediterraneo

Questo intervento di Alberto Spampinato è stato pronunciato il 22 novembre 2019 a Bari al Forum delle Giornaliste del Mediterraneo

23 nov 2019 – Di fronte alle numerosissime intimidazioni e minacce che impediscono ai giornalisti di fare bene il loro lavoro, o lo ostacolano gravemente, Ossigeno per l’Informazione segnala una inderogabile necessità: quella di rafforzare le reti di solidarietà esistenti. Inoltre Ossigeno avverte l’esigenza di una maggiore unità fra le numerose organizzazioni che difendono la libertà di stampa e il diritto all’informazione. Dobbiamo trovare il modo di agire in modo di agire in modo sinergico se vogliamo contrastare il vasto e potente fronte dei difensori di questo status quo in cui il 90% delle violenze e degli abusi contro i giornalisti rimane impunito.

Per quanto riguarda la sua attività, negli ultimi mesi Ossigeno ha ritenuto opportuno impegnarsi per creare una rete internazionale di solidarietà specifica per le giornaliste di inchiesta. Questa nuova rete si propone di sostenerle offrendo loro strumenti di collaborazione professionale e un concreto sostegno a quante di loro subiscono minacce e intimidazioni. Perciò insieme a Marilù Mastrogiovanni, organizzatrice insieme a Giulia Giornaliste del Forum delle Giornaliste del Mediterraneo, Ossigeno ha elaborato un progetto per produrre più “ossigeno” per queste giornaliste, che sono i soggetti più deboli, sia in quanto giornaliste sia in quanto donne.

Noi inoltre chiediamo a tutti coloro che difendono la libertà di stampa e hanno a cuore la sicurezza dei giornalisti, di fare un passo avanti, perché la perdurante gravità dei fatti lo richiede.

Nell’ultimo mese, fra ottobre e novembre 2019, in Italia altri tre giornalisti italiani sono stati messi sotto scorta a causa di minacce di morte. Con loro, adesso in Italia i giornalisti sotto scorta sono 25. Altre centinaia sono protetti dalle forze dell’ordine per lo stesso motivo. Altre migliaia ogni anno devono difendersi da querele pretestuose e infondate. E ci sono punte di estrema gravità, come l’aggressione del 14 novembre 2019 in Campania contro il giornalista Mario De Michele, che è stato il bersaglio di una sparatoria e ha rischiato di essere ucciso. Altri gravissimi episodi si sono verificati negli anni scorsi. Questa emergenza dura almeno da dieci  anni, ed è documentata in dettaglio da dieci anni, da quando Ossigeno ha cominciato a portare questi fatti in piena luce invitando tutti a parlarne, a denunciare i fatti, a fare proposte. Eravamo davvero pochi a parlarne. Ormai, per nostra fortuna non c’è solo Ossigeno a parlare di queste cose, a illustrare i fatti con iniziative e proposte, a dare visibilità ai minacciati. Ormai le organizzazioni dei giornalisti si costituiscono parte civile nei processi, sollecitano attivamente il mondo politico e le forze dell’ordine…

Tutto ciò è molto importante. Dice che il lavoro fatto non è stato inutile. Ma bisogna fare un passo avanti, per passare dalle parole ai fatti. La prima cosa da fare, nell’attesa che si adottino le più adeguate misure, è proprio questa: creare reti di solidarietà più robuste in grado di aiutare concretamente a resistere chi subisce abusi e violenze ingiustificabili e non può difendersi come le sole sue forze. Ciò richiede una grande sinergia fra le forze in campo. Richiede anche che i giornalisti facciano la loro parte, diano il buon esempio. Innanzitutto combattendo quel luogo comune secondo il quale un giornalista minacciato o querelato sicuramente ha fatto qualcosa di sbagliato o “se l’è cercata”. Non è così ma molti giornalisti lo pensano e ciò ci indebolisce.

Un’altra cosa che i giornalisti potrebbero fare è questa: fornire come cronisti, come redattori dei giornali, come direttori delle varie testate, una informazione più ampia, più completa e continuativa sulle minacce che colpiscono i loro colleghi e impediscono ai cittadini di conoscere molti i fatti di pubblico interesse. Credo che se ognuno lo facesse darebbe un grande contributo agli sforzi collettivi che noi e altri facciamo per sensibilizzare le coscienze. Questo contributo sarebbe ancor maggiore se, inoltre, queste notizie, quelle poche volte che vengono pubblicate, fossero contestualizzate, com’é doveroso per ogni informazione giornalistica. Come, ad esempio, quando riferendo la notizia di uno stupro ormai da qualche tempo si avverte la necessità di dire sempre se altri e quanti ce ne siano stati nella stessa zona e quando: nell’ultimo mese, nell’ultimo anno e con quali similitudini. Sarebbe utile, oltre che doveroso,. ma pochi lo fanno. Ed io mi chiedo se agire così, oltre ad essere una mancanza di sensibilità, sia anche un errore dal punto di vista professionale e forse anche una violazione deontologica. Onestamente, non lo so dire con certezza, ma penso di sì. Vorrei che su questo e altri punti riflettessimo insieme, ragionando fra chi la pensa come me e chi invece pensa l’opposto, se vogliamo davvero impegnarci per un’informazione di qualità. So che anche il presidente dell’Ordine, Carlo Verna, ha soffermato il pensiero su questi aspetti della nostra professione e sspero che ci sia l’occasione di discuterne pubblicamente e di offrire a ognuno elementi utili per orientarsi.

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