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Processo Rocchelli. L’Ucraina fa festa. L’Italia tace e attende motivazioni della sentenza

Sono attese a gennaio. Nel suo paese natale Vitaly Markiv è stato accolto come un eroe nazionale. La delusione dei familiari

OSSIGENO 11 novembre 2020 – L’UCRAINA ha festeggiato Vitaly Markiv, con entusiasmo come un eroe nazionale, come una vittima fortunosamente sfuggita alle grinfie della giustizia italiana,  L’ex volontario della Guardia Nazionale Ucraina, che è nato in Ucraina 31 anni e ha poi ottenuto la cittadinanza italiana, il 12 luglio del 2019 era stato condannato dalla Corte di Assise di Pavia a 24 anni di reclusione per la morte del fotoreporter Andy Rocchelli. Poi, il 3 novembre 2020 a Milano, dopo oltre tre anni di carcere, Vitaly Markiv è stato assolto in appello con formula piena e rimesso in libertà.

Rientrato trionfalmente nella sua terra natia, Markiv ha partecipato a vari festeggiamenti, a conferenze stampa, a incontri in cui gli è stato predetto un futuro ricco di soddisfazioni. Succede questo in Ucraina dove per giorni i media non hanno parlato d’altro. La comunità ucraina in Italia ha seguito le udienze tifando per la sua liberazione e nei giorni scorsi ha condiviso questo clima, inondando i social di auguri per il giovane soldato.

IN ITALIA la sentenza di Milano ha avuto poca risonanza, come ne aveva avuto poca nel 2019 la clamorosa condanna di Pavia. I giornali e le tv hanno parlato poco di questa vicenda. Pochi italiani sanno che cosa avevano deciso i giudici di Pavia e a quali opposte conclusioni sono poi arrivati, un anno dopo, i giudici di Milano. Pochi lo sanno. Perciò la piccola disputa fra innocentisti e colpevolisti che ha visto impegnati in una disputa i commentatori della prima ora non ha scaldato gli animi.

Chi ha seguito il processo di Milano dice l’unica cosa saggia che si può dire in questi casi: è necessario attendere le motivazioni della sentenza, che saranno depositate entro 90 giorni.

A FIANCO DI MARKIV – Il 3 novembre in aula a Milano era presente ancora una volta il Ministro dell’Interno ucraino Arsen Avakov, che aveva seguito di persona la sentenza di primo grado e quasi tutte le udienze di secondo grado. Fuori dal Tribunale ha fatto delle foto con Markiv e con i sostenitori presenti, foto subito rilanciate sul profilo Twitter del Ministro: «Felici! Gloria all’Ucraina!», il primo commento. Poi, la mattina successiva, la foto di Markiv che in uniforme stringe il pugno in segno di vittoria accanto al Ministro, su un jet privato diretto a Kiev. Poche ore dopo un video. Markiv si fa un selfie in piazza Santa Sofia a Kiev, davanti a uno striscione così grande da coprire l’intera facciata di un palazzo: #FreeMarkiv si legge. E ancora il ministro twitta: «L’avevamo promesso alla mamma». L’arrivo all’aeroporto di Kiev è stato ripreso da diverse testate nazionali, con il soldato Markiv che appena sceso dall’aereo sventola la bandiera ucraina e riceve un grande mazzo di fiori, tenendo poi una conferenza stampa. Intanto. su Twitter, Volodymyr Zelens’kyj, Presidente dell’Ucraina, scriveva: «Accolgo con favore la decisione del tribunale italiano di assolvere la guardia nazionale ucraina Vitaly Markiv. La sua liberazione è una vittoria della giustizia! #FreeMarkiv l’hashtag può essere lasciato per la storia. Grato a tutta la squadra che ha lavorato per questa vittoria!», taggando i profili ufficiali del premier Giuseppe Conte e del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Una mobilitazione imponente, che il Ministro Avakov aveva confermato fuori dal Tribunale anche a Ossigeno per l’informazione: «L’Ucraina non abbandona i suoi soldati».

IL SILENZIO ITALIANO – Non si spiega la poca attenzione che la stampa italiana ha riservato al processo, in modo particolare al secondo grado del processo. I genitori di Andrea Rocchelli sono visibilmente delusi, ma hanno deciso di attenersi al basso profilo con cui hanno seguito il processo, ripetendo ogni volta di non essere interessati a trovare un colpevole ad ogni costo, ma a fare verità e giustizia anche nell’interesse generale.

LA MADRE DI ANDREA Intervistata da Francesco Battistini, sul Corriere della Sera del 5 novembre, Elisa Signori ha commentato: «Questa sentenza d’appello ha solamente scagionato un condannato in primo grado. Ma non può certo smentire le prove e le testimonianze raccolte in sei anni d’eccellente lavoro investigativo». E ha parlato anche del clima pesante che si è respirato durante tutta la vicenda processuale: «Gli insulti dei network ucraini e di taluni social italiani non stupiscono: la rete è aizzata da hater di mestiere. Più gravi appaiono gli attacchi giunti da portavoce istituzionali ucraini. Uno fra tutti: Anton Gerashenko, viceministro degli Interni. Ha detto che la nostra famiglia era a caccia di risarcimenti in denaro».

RICORDARE PER CONOSCERE – Anche le autorità italiane sono rimaste in silenzio. A parte un tweet del presidente della Camera Roberto Fico all’inizio del processo di Milano, le istituzioni italiane hanno taciuto persino di fronte alla pressione politica esercitata dall’Ucraina, dai suoi massimi dirigenti, per annullare la condanna di Markiv. «Qui non si fa politica, non si prende posizione per lo stato ucraino o per i separatisti ma si esamina soltanto un reato e la sua responsabilità», si è sentito in dovere di avvertire il sostituto procuratore generale in aula il 3 novembre, poco prima della sentenza, replicando ad alcune affermazioni fatte nelle arringhe della difesa.

A PAVIA – La città natale di Andy non vuole dimenticare. I ragazzi delle scuole superiori hanno dipinto con la sua immagine tutti i blocchi di cemento che sbarrano agli automezzi pesanti l’accesso alle strade del centro. Su alcuni hanno aggiunto scritte tratte dai suoi reportage e da canzoni famose. Chi passeggia per la città non può fare a meno di vederli, di pensare all’orrore della guerra e alla speranza della pace. Giacomo Bertoni

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