Memoria

Video. Giulio Francese: “Mio padre morto per il suo giornale”

In un’intervista a “Memoria e Futuro” il figlio del giornalista ucciso racconta il dolore della sua famiglia e critica il lungo silenzio del Giornale di Sicilia

Il giornalista Giulio Francese, figlio di Mario Francese, il cronista del Giornale di Sicilia ucciso dalla mafia, a Palermo, il 26 gennaio 1979, ha raccontato quanto e in che modo l’assassinio di suo padre ha sconvolto la sua famiglia: fino a spingere al suicidio suo fratello minore Giuseppe, che con un’inchiesta giornalistica aveva illuminato i retroscena dell’uccisione del padre fornendo agli inquirenti gli elementi per riaprire l’inchiesta e giungere alla condanna dei i mafiosi Totò Riina, Leoluca Bagarella (che sarebbe stato l’esecutore materiale del delitto), Raffaele Ganci, Francesco Madonia, Michele Greco e Bernardo Provenzano.

Giulio Francese, che da novembre 2017 è il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Sicilia,  ricostruisce con grande forza d’animo le tappe del dolore e dell’isolamento suo e dei suoi familiari. Parla della debole attenzione mediatica che per lunghi anni fu riservata alla figura di suo padre e all’importante lavoro di inchiesta che svolse negli ultimi anni della sua vita, fra l’altro segnalando per primo l’ascesa del sanguinario clan dei Corleonesi. Parla anche del silenzio, della mancanza di iniziative per ricordarlo, della disattenzione che non riesce a spiegarsi, anche da parte del giornale per cui lavorava Mario Francese quando fu ucciso e per il quale lui stesso cominciò a lavorare dopo la sua morte.

Inoltre spiega perché è importante onorare la memoria dei giornalisti che hanno perso la vita per svolgere il loro lavoro nell’interesse dei cittadini.

Ossigeno ringrazia Giulio Francese per avere reso pubblica questa importante testimonianza vincendo la ritrosia che è propria della sua indole e quella ingiustificabile paura che di solito spinge i familiari delle vittime a chiudersi nel silenzio, a nascondere la loro sofferenza. Grazie Giulio per avere trovato il coraggio di formulare pubblicamente dubbi e critiche, per avere dato un esempio di come si deve onorare senza retorica la memoria delle vittime innocenti della mafia.

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MF

 

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