Giornalisti. La Consulta decide se il carcere per diffamazione è costituzionale

Martedì 9 giugno l’udienza pubblica. Il ruolo e i dettagli. Quanto è esteso il chilling effect. Il clima di attesa e gli appelli ai giudici

Martedì 9 giugno 2020 si svolgerà in videoconferenza l’udienza pubblica della Corte Costituzionale, chiamata a decidere sulla legittimità della pena detentiva prevista in Italia fino a sei anni per i colpevoli del reato di diffamazione a mezzo stampa, in gran parte giornalisti. Il ruolo dell’udienza, con il dettaglio delle questioni che saranno esaminate dalla Consulta per stabilire la loro coerenza con la Costituzione della Repubblica, si può leggere qui

Le previsione del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa ha un effetto rilevante sulla libertà di informazione e non è una questione che riguarda pochi giornalisti spericolati, come molti pensano. Riguarda tutti i giornalisti che trattano le notizie più delicate e controverse, quelle più utili e interessanti per i lettori.

Ossigeno ha fatto osservare da anni, con dati ufficiali, che la pena detentiva per questo reato viene comminata dai giudici italiani in alternativa alla multa più spesso di quanto si creda e non soltanto a fronte di fattispecie di estrema gravità quali sono l’incitamento alla violenza e all’odio razziali: le uniche eccezioni contemplare dalla giurisprudenza della Corte europea per i Diritti dell’Uomo.

Sono migliaia i giornalisti italiani che corrono questo rischio e i più esposti sono i direttori responsabili, ha fatto notare Ossigeno in questo articolo  in cui ha richiamato i dati ufficiali del Ministero della Giustizia relativi alle sentenze emesse nel 2011-2015. Negli anni successivi la situazione è peggiorata, a fronte di un numero di querele per diffamazione a mezzo stampa quasi raddoppiato, come ha rilevato l’ISTAT nel 2019 vedi 

Non è confortante sapere che non solo in Italia, ma in tutte le democrazie occidentali stanno aumentando di anno in anno le querele presentate a scopo a scopo intimidatorio contro i giornalisti, come ha fatto osservare l’associazione MLDI nel suo ultimo rapporto.  La previsione della pena detentiva rende questi abusi ancora più temibili.

E’ comprensibile che perciò ci sia molta attesa per le decisioni della Consulta, anche in considerazione della memoria depositata dall’Avvocatura dello Stato che ha fatto dubitare anche il Consiglio d’Europa circa l’effettiva volontà del governo di sostenere i progetti di legge che prevedono l’abolizione della pena detentiva.

Alla vigilia dell’udienza numerose organizzazioni dei giornalisti hanno organizzato manifestazioni e diffuso appelli. 

Il presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Verna  parteciperà, in videoconferenza, all’udienza pubblica della Corte Costituzionale, in collegamento dallo studio dell’avv. Giuseppe Vitiello di Napoli che ha curato l’istanza dell’Ordine. “La categoria, rappresentata dal CNOG,  è compatta nel chiedere l’abrogazione del carcere per i giornalisti – dichiara Carlo Verna, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine –  ma questa pena afflittiva in vigore nel nostro Paese, come ha notato contrariato il Consiglio d’Europa, è questione tanto annosa quanto, aggiungiamo noi, vergognosa e non più tollerabile. La stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha più volte sollecitato i governi italiani succedutesi nel tempo a rivedere il reato di diffamazione. Sul giornalismo in Italia, purtroppo – conclude Verna –  i temi concernenti le regole obsolete sono tanti e auspichiamo che, a partire dalla pronuncia della Corte che auguriamo vada incontro alla libertà di stampa, si possa avviare una revisione complessiva delle norme.”

Un gruppo di associazioni europee ha diffuso questo appello, che richiama gli orientamenti della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e gli orientamenti dell’ONU e delle principali organizzazioni internazionali per l’abolizione della pena detentiva per la diffamazione a mezzo stampa.  

ASP

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