Libertà di stampa

Unesco. Dalle ONG le migliori risposte su protezione e monitoraggio

Un seminario in Sri Lanka ha mostrato numerose similitudini fra l’Asia e l’Europa e ha evidenziato il ritardo dell’Italia sulla Commissione diritti umani

La maggior parte dei meccanismi di protezione per la sicurezza dei giornalisti e la gran parte delle migliori esperienze in questo campo sono state avviate in Asia dalla società civile e dai media e non sono ancora riuscite a coinvolgere istituzioni pubbliche statali.

Questa illuminante informazione è emersa dal seminario “Rafforzare la cooperazione regionale per promuovere la libertà di espressione e lo stato di diritto in Asia ponendo fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti”, organizzato il 4 dicembre 2017, a Colombo, per iniziativa congiunta dell’UNESCO e del Ministero delle finanze e dei mass media dello Sri Lanka. Questo e altri interessanti risultati dell’incontro sono stati riferiti nella relazione finale dell’evento che si può leggere sul sito dell’UNESCO a questo link.

Sebbene si riferisca all’Asia, il rapporto è di grande interesse poiché mette in rilievo una straordinaria similitudine con la situazione europea, mostrando che il problema delle inadempienze degli Stati nazionali si manifesta con modalità omologhe in tutto il mondo. Ciò conferma l’opinione di Ossigeno per l’Informazione che, con tutta probabilità, il problema dell’impunità abbia radici sostanziali derivante dalla legislazione e dalla volontà politica. Secondo Ossigeno, infatti, l’impunità e la mancata attivazione di meccanismi statali per il monitoraggio delle minacce e per la protezione dei giornalisti nasce anzitutto dal fatto che gli obblighi impliciti imposti alle autorità nazionali in questa materia dall’adesione ai Trattati internazionali sui diritti umani e dalla partecipazione a forum internazionali quali l’ONU, l’OSCE e il Consiglio d’Europa, non sono vincolanti, sono poco incisivi, andrebbero rafforzati, ma non si fa quasi nulla per colmare questa grave lacuna nonostante lo spazio riconosciuto alla libertà di informare e al diritto di essere informati si va restringendo. Nell’opinione di Ossigeno, un passo essenziale consisterebbe nel  riconoscimento della protezione penale a questo diritto fondamentale.

Il rapporto dell’UNESCO sul seminario di Colombo mette in evidenza anche il fatto che, secondo quanto è emerso durante l’incontro, la maggior parte dei governi ha scarso interesse per la questione e non dispone di meccanismi di monitoraggio, protezione e perseguimento giudiziario.

I partecipanti hanno fatto osservare che le commissioni nazionali per i diritti umani, il cui status di istituzioni pubbliche indipendenti e la cui missione di proteggere i diritti umani è molto importante per la questione della sicurezza dei giornalisti e dell’impunità, potrebbero ospitare meccanismi di protezione o di perseguimento nazionale o diventare possibili punti focali per il monitoraggio della sicurezza dei giornalisti.

Hanno aggiunto che sarebbe tuttavia necessario rafforzare il ruolo riconosciuto a queste commissioni nazionali per i diritti umani su questo tema e che i cittadini dovrebbero essere più consapevoli della loro esistenza e funzione e della possibilità di rivolgersi ad esse. Le azioni delle commissioni e il loro ruolo nel rafforzare la libertà di espressione e sicurezza dei giornalisti devono anche essere testati e utilizzati dai cittadini e dai media.

A questo proposito, vale ricordare che l’Italia in questo campo è molto indietro, più di molti paesi europei ed asiatici perché non ha ancora istituito una Commissione nazionale indipendente per i diritti umani. Il Parlamento discute da molti anni delle proposte di legge per colmare questa omissione, per la quale ha ricevuto ripetuti richiami dalle Nazioni Unite. Ma anche l’ultima legislatura si è conclusa, a dicembre 2017, senza raggiungere il traguardo. Quindi mancano perfino le premesse per seguire le interessanti indicazioni del seminazio di Colombo. Nelle prossime settimane sarà interessante se e come i candidati al Parlamento assumeranno impegni in proprosito.

Dalla sessione plenaria dell’incontro di Colombo sono venute anche altre raccomandazioni che sarebbero valide anche per l’Italia. Sono riassunte qui seguito:

– Avviare iniziative mediatiche a costo zero per promuovere la sicurezza dei giornalisti, come la promozione di collegamenti con le organizzazioni della società civile e organizzare corsi di formazione per giornalisti su vari argomenti (prima assistenza, sicurezza digitale).
– Ricostruendo le storie dei giornalisti uccisi, fare capire che sono state distrutte delle vite umane, continuando ad indagare su di esse e pubblicando storie approfondite sulle cause delle loro morti.
– Utilizzare una piattaforma digitale per custodire le storie dei giornalisti, sull’esempio di quella ospitata da Reporters Sans Frontieres.
– Rafforzare ulteriormente i meccanismi di collaborazione tra giornalisti, società civile e ONG internazionali come Reporters o il Comitato internazionale della Croce Rossa.
– Amplificare presso i governi le richieste delle organizzazioni della società civile e degli organismi intergovernativi per inviare con una voce più forte il messaggio che nessuna forma di giornalismo giustifica la perdita della vita dei giornalisti.
– Sviluppare le capacità di procuratori, giudici e organi di polizia in Asia sulla libertà di espressione e sicurezza dei giornalisti.
– Educare la società su come le minacce ai giornalisti negano il diritto dei cittadini di sapere.
– Spingere per l’attuazione del piano d’azione delle Nazioni Unite, con la partecipazione di agenzie delle Nazioni Unite come l’OHCHR e l’UNESCO.

ASP ONY

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