Editoriale

5 anni di processo per archiviare una querela fuori bersaglio. Nessun rimedio all’orizzonte

Una vicenda emblematica della difficile condizione in cui lavorano i giornalisti in Italia a causa di leggi e procedure arcaiche, anacronistiche, ingiuste

OSSIGENO – 17 febbraio 2021 – Il procedimento penale contro Rossella Ricchiuti, accusata di diffamazione a mezzo stampa per l’articolo Federica Angeli. Un’altra giornalista sotto scorta. Perché. Che cosa fare per lei  sulle minacce alla giornalista, pubblicato da  Ossigeno per l’Informazione nel 2014, è una di quelle vicende paradossali, purtroppo numerose, che fanno capire quanto sia ingiusta e lacunosa la normativa italiana in materia di diffamazione a mezzo stampa. Infatti il procedimento è stato aperto e, prima di essere archiviato, è andato avanti per cinque anni nonostante l’articolo oggetto della querela non contenesse alcuno dei fatti contestati dai querelanti. Leggi la notizia

CINQUE ANNI – Le accuse erano fuori bersaglio. Infatti l’articolo non cita i nomi dei querelanti né fa riferimento al fatto che a suo tempo erano stati arrestati, né tratta la vicenda degli arresti del 28 ottobre 2014 a cui fanno riferimento. Questo procedimento penale è stato certamente formalmente corretto e noi ci rallegriamo che il giudice lo abbia chiuso con l’archiviazione. Ma ciò non toglie nulla al paradosso di dovere attendere cinque anni per essere prosciolti da accuse formulate senza fondamento.

MANCA UN FILTRO – Purtroppo il caso di Rossella Ricchiuti e degli altri 13 querelati insieme a lei (fra cui Federica Angeli) non è isolato ed è emblematico della difficile condizione in cui lavorano molti giornalisti in Italia a causa di leggi e procedure arcaiche, anacronistiche, ingiuste che li mettono alla mercé di qualsiasi contestazione senza frapporre un adeguato filtro in grado di eliminare in partenza le accuse improprie, infondate, inammissibili.

LEGGI ARCAICHE – ln particolare la vicenda mostra, ancora una volta e in modo plateale, che l’attuale normativa in materia di diffamazione a mezzo stampa consente una strumentalizzazione delle querele facile e incontrastata. Mostra che le querele, anche quando contengono accuse formulate senza un circostanziato riferimento ai fatti, danno vita a un processo penale che si protrae per anni e hanno un effetto punitivo contro i giornalisti accusati.

CHILLING EFFECT – Tenere sotto processo per anni (in questo caso per quasi cinque anni) una giornalista senza accuse precise, determina angoscia, gli impone cautela nel trattare lo stesso argomento (lo chiamano chilling effect) , e inoltre costringe l’accusato a difendersi in giudizio e a sostenere spese legali anche di fronte ad accuse infondate, imprecise, palesemente false o comunque prive di qualsiasi riscontro fattuale.

LA MACCHINA INGOLFATA – Tutto ciò è ingiusto. Inoltre ingolfa la macchina della giustizia, la fa girare a vuoto, fa sprecare risorse pubbliche. E’ stato ampiamente documentato con dati ufficiali che calcolano in oltre cinquemila le querele per diffamazione a mezzo stampa che si concludono con il proscioglimento degli accusati in fase di udienza preliminare. Da molti anni Ossigeno propone perciò alcune doverose correzioni che in parte ripropongono quelle suggerite nel 2015 dalla Commissione Parlamentare Antimafia. Ma il Governo e il Parlamento non sono ancora intervenuti con progetti di riforma adeguati e con innovazioni conseguenti”. ASP

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