Osservatorio

Rapporto 2022. Storie di giornalisti minacciati

Chi sono gli operatori dell’informazione che nel 2022 hanno subito minacce, aggressioni, intimidazioni e querele temerarie? Ossigeno racconta sei casi esemplificativi

OSSIGENO 11 maggio 2023 – Chi sono gli operatori dell’informazione che nel 2022 hanno subito minacce, aggressioni, intimidazioni e querele temerarie? I numeri e i dati del Monitoraggio realizzato da Ossigeno, in partnership con UNESCO nell’ambito del Progetto MAP (Monitora Aiuta Proteggi) cofinanziato dal Global Media Defence Fund dell’ONU, sono stati presentati in occasione del convegno “Giornalismo. Mestiere rischioso e poco protetto”. (Leggi Rapporto)

Chi sono questi uomini e queste donne? Quale la loro età? Quali sono le vicende che stavano raccontando e che qualcuno non voleva far conoscere all’opinione pubblica? Come hanno reagito agli ostacoli? Hanno una rete sociale solidale? Conoscerli aiuta a comprendere maggiormente il fenomeno.

Sono professionisti assunti regolarmente da testate cartacee, web o radiotelevisive, o cronisti freelance. I primi hanno tutele contrattuali, una assicurazione, possono usufruire della manleva; i secondi vengono pagati pochi euro a pezzo, non hanno alcuna forma di protezione e in caso di querela devono pagarsi da sé un legale, o in caso di aggressione sono spesso costretti a rinunciare alla denuncia perché non possono permettersi un lungo e costoso iter processuale. Ci sono poi i pubblicisti che uniscono al giornalismo altre fonti di reddito, o i blogger che svolgono attività giornalistica per passione. In ogni caso tutti fanno domande, anche scomode, danno notizie, fanno inchieste, nel rispetto dei loro doveri deontologici. Ci raccontano le vicende della criminalità organizzata in tutta Italia, esercitano il diritto di critica nei confronti degli amministratori pubblici, danno notizia di delitti, sgomberi di appartamenti abusivi, interventi delle forze dell’ordine, ma anche di partite di calcio, manifestazioni, o incontri pubblici apparentemente non rischiosi. I loro nomi sono raccolti da Ossigeno in una Tabella pubblica (vedi), le loro vicende sono raccontate sul notiziario dell’Osservatorio.

ALCUNE STORIE RAPPRESENTATIVE – Ossigeno, attraverso il lavoro dell’Osservatorio, raccoglie più di 50 indicatori e informazioni che servono a classificare il caso di violazione alla libertà di stampa con comprovata documentazione. In particolare, Ossigeno distingue le violazioni in atti violenti (aggressioni, avvertimenti, danneggiamenti a beni personali o all’attrezzatura di lavoro) e abusi del diritto (querele per diffamazione considerate pretestuose, ostacolo all’informazione). Nel corso di oltre dieci anni di attività, l’Osservatorio ha elaborato una tassonomia puntuale (Leggi il Metodo Ossigeno) Inoltre nel 2022 Ossigeno ha classificato con particolare attenzione la provenienza della minaccia e se questa fosse legata al genere della vittima.

Delle oltre 700 storie raccolte nel 2022, che spesso delineano tendenze e dinamiche che si ripetono, alcune sono particolarmente significative perché illuminano delle situazioni rappresentative del fenomeno.

Qui se ne rappresenta una per ciascuna categoria. GPA

AVVERTIMENTI: LA STORIA DI MARIA BERTONE

Maria Bertone è la giovane direttrice delle testate Cronachedi Caserta e Napoli. Ha 41 anni, una bella famiglia, e vive e lavora in una delle zone a più alta densità criminale d’Italia. Una terra, quella che si estende fra Napoli Nord e Caserta, famosa per essere “il regno dei Casalesi”. Camorra e affari, brutti affari, e violenza, spesso fuori controllo. Ad agosto 2021 Maria Bertone riceve in redazione una lettera da un uomo affiliato al clan dei Casalesi e condannato all’ergastolo per un omicidio. La lettera, scritta a mano, proviene dal carcere di Palermo, dove Giovanni Cellurale, questo il suo nome, sconta la pena. Contiene minacce di morte. “Sai, ti stavo pensando. Spero di vero cuore che al più presto uscirò così ti faccio saltare in aria. Ora lo dico a tutti, che se qualcuno esce prima di me ti deve sparare 10 colpi tutti in bocca, a te e a tutta la tua razza di merda”, scrive Cellurale. Minacce dirette per quando sarà libero, se mai lo sarà, ma nel frattempo un invito a chi è già uscito dal carcere a concretizzarle al posto suo. Maria Bertone denuncia e per fortuna non le viene a mancare la solidarietà dagli enti dei giornalisti e dalla politica. Giovanni Cellurale viene processato e a gennaio scorso è stato condannato a un anno e sei mesi, con l’aggravante del metodo mafioso. L’episodio è emblematico del grande coraggio che ci vuole per fare a testa alta il proprio lavoro in piccoli giornali di periferia, e in zone dove la minaccia mafiosa si esprime in modo drammatico e concreto. Nello stesso tempo è incoraggiante che la magistratura riconosca l’aggravante del metodo mafioso in questo genere di minacce. LT

AGGRESSIONI: LA STORIA DI COSTANZA TOSI 

Costanza Tosi, giornalista di 27 anni, inviata della trasmissione di rete 4 Fuori dal coro, è stata spinta giù dalle scale dall’occupante abusiva di un’abitazione a Olbia, in Sardegna. La giornalista si era presentata davanti alla casa occupata insieme ai legittimi proprietari per effettuare un servizio di cronaca, per la sua trasmissione, che segue gli episodi di occupazione abusiva di abitazioni per sensibilizzare l’opinione pubblica e la politica sul tema. Costanza Tosi ha fatto appena in tempo a fare alcune domande alla donna che occupava abusivamente la casa che questa è uscita dalla porta e l’ha spinta verso le scale. La giornalista ha perso l’equilibrio ed è caduta. I legittimi proprietari e i due uomini della sicurezza inviati da Mediaset sono intervenuti per difenderla e sono stati aggrediti anche loro. L’operatore, Gianluigi Deidda, è stato insultato e minacciato con un bastone. Quando abbiamo sentito Costanza Tosi era serena, si è detta fortunata perché la sua azienda le fornisce gli uomini della sicurezza e ha pensato ai colleghi freelance che spesso sono soli davanti a queste situazioni. GB

DANNEGGIAMENTI: LA STORIA DI FEDERICO RUFFO 

Federico Ruffo è un giornalista Rai, ha 44 anni e conduce la trasmissione d’inchiesta ‘Mi manda Rai 3’. In una tarda serata di ottobre dell’anno scorso, nel quartiere Prati di Roma, dopo aver finito un turno di montaggio, ha scoperto che una delle gomme della sua auto era stata squarciata. Le pinze da elettricista utilizzate per fare il danno erano ancora conficcate nello pneumatico, con il manico rotto a terra. Quella mattina Ruffo si era recato, con troupe e telecamere preventivamente piazzate, presso un garage a pagamento. Gli era stato segnalato che alcuni gestori delle rimesse, per guadagnare spazio per altri clienti, a volte spostavano in strada le auto che avevano in custodia. Federico Ruffo ha preso il danno alla sua auto come un’intimidazione, perché avevano scoperto che nella rimessa visitata in mattinata, una parte delle vetture veniva effettivamente spostato in strada una volta che il cliente era andato via. Sin dall’inizio erano stati accolti con aggressività dai garagisti, e quando era andato a riprendere la sua macchina, parcheggiata non distante, si era accorto di essere stato seguito da uno di loro. L’uomo gli aveva urlato in malo modo che non avrebbe dovuto mandarlo in onda e il giornalista gli aveva assicurato che avrebbero oscurato i volti. L’altro però, telefono all’orecchio, ha dettato il numero di targa ad un suo interlocutore. Il centro di montaggio dove il giornalista si è poi recato non è distante dal quel parcheggio e Ruffo ha tirato le conclusioni che probabilmente lo avevano seguito e individuato poi la macchina dalla targa. Questo episodio, per il quale il giornalista ha presentato denuncia, evidenzia il rischio, sempre presente, di ritorsioni e vendette contro i cronisti che fanno il proprio lavoro e portano alla luce quello che si vorrebbe tenere celato. LT

ABUSO DI DENUNCE E AZIONI LEGALI: LA STORIA DI MANUELA PETESCIA

Manuela Petescia, giornalista di 60 anni, direttore responsabile di Telemolise e di altre testate locali, nel 2014 è stata accusata falsamente di aver ricattato il presidente della Regione Molise a scopo di estorsione. L’accusa si è trasformata in un processo penale durante il quale i due accusatori, Paolo Frattura e il suo avvocato Salvatore Di Pardo, hanno sostenuto che la giornalista aveva tentato di estorcere al presidente della regione fondi per la propria televisione. Il tutto durante una cena a casa del presidente. La tentata estorsione non è mai avvenuta, la cena stessa non è mai avvenuta, eppure Manuela Petescia si trova a dover dimostrare la propria totale estraneità ai fatti ricostruendo minuziosamente i propri impegni nelle sere del 2014, con la data della cena che viene più volte modificata dagli accusatori. Dopo sette anni di processo e ingenti spese legali, Manuela Petescia viene assolta e i due accusatori ora sono imputati in un processo per calunnia. GB

OSTACOLO ALL’INFORMAZIONE: LA STORIA DI MATTIA FONZI E VALERIO RENZI

Mattia Fonzi, giornalista freelance 39enne e collaboratore di Openpolis, e Valerio Renzi, giornalista 35enne Fanpage, sono stati tenuti in stato di fermo dalle forze dell’ordine per quattro ore e poi denunciati per interruzione di pubblico servizio, partecipazione a manifestazione non autorizzata e violenza privata, mentre documentavano una manifestazione ambientalista all’aeroporto di Ciampino. Erano lì per fare il loro mestiere, stavano facendo riprese, fotografie e interviste ai manifestanti quando sono stati fermati proprio come i manifestanti. A nulla è servito mostrare il tesserino, dimostrare che si trovavano lì per lavoro: sono stati denunciati come i manifestanti. Questo episodio ricorda la proposta di Ossigeno di un protocollo condiviso con le forze dell’ordine in grado di tutelare insieme l’attività dei cronisti e quella delle forze dell’ordine durante le manifestazioni pubbliche di protesta. GB

MINACCE DI GENERE: LA STORIA DI GRETA BECCAGLIA

Greta Beccaglia è un’altra giovane giornalista, ha 29 anni e lavora come cronista e conduttrice per Toscana TV. Il suo caso riguarda il problema delle molestie di genere e del sessismo che colpisce anche questo mestiere. A novembre del 2021 mentre commentava il dopo-partita fra la squadra di casa e la Fiorentina all’esterno dello stadio di Empoli, si è trovata ad affrontare in diretta tv una situazione incresciosa e imbarazzante. I tifosi che lasciavano lo stadio sciamavano dietro di lei, quando uno di loro le ha palpeggiato rapidamente ma con violenza il sedere. Lei, turbata, lo ha richiamato all’ordine, ma ha mantenuto il sangue freddo e ha continuato il suo lavoro, mentre dallo studio, invece di reagire immediatamente contro il brutto episodio, non hanno trovato di meglio che dirle “non te la prendere”. Come se fosse una cosa da mettere in conto, perché sei una donna, per di più giovane e bella. Il caso ha suscitato polemiche anche fra gli stessi colleghi; c’era chi giustamente stigmatizzava l’episodio e chi riteneva che si stesse facendo un romanzo per “una cosa da niente”. Alla fine il conduttore di Toscana Tv ci ha rimesso il posto e Greta Beccaglia ha invece deciso di denunciare il molestatore, che è stato successivamente processato e condannato ad un anno e sei mesi e a risarcire la vittima per i danni morali e materiali. “L’ho fatto per tutte le donne”, ha detto Beccaglia -. Nessuno ha il diritto di violare i nostri diritti, di considerare il nostro corpo come un trofeo; nessuno deve più umiliarci, denigrarci, considerarci un oggetto”. Ancora oggi Greta Beccaglia continua a ricevere insulti sui social per avere avuto il coraggio di denunciare. LT

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